Google assicura ai propri utenti la massima attenzione e riservatezza per quanto riguarda la gestione dei dati personali, con l’adozione di strumenti e sistemi studiati appositamente per garantire il massimo livello possibile di sicurezza delle informazioni. Quando però è la NSA, ovvero l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale statunitense a chiederle, il gruppo di Mountain View è disposto ad aprire i propri archivi virtuali in nome della lotta al crimine e al terrorismo. Un interessante articolo comparso sulle pagine di USA Today spiega come bigG fornisce i file in questione alla National Security Agency.
Lo scambio, come spiegato dal portavoce del motore di ricerca Chris Gaither, avviene tramite FTP sicuri con le trasmissioni protette mediante un algoritmo di crittografia o, in alcuni casi, addirittura con una consegna “a mano”. In altre parole, gli organismi governativi non dispongono in nessun caso di un accesso diretto ai server dei singoli servizi (ad esempio Gmail, G+, Drive ecc.) o ai network. Un dettaglio che bigG tiene a precisare proprio nei giorni immediatamente successivi al clamore suscitato online dalla vicenda PRISM, di cui il colosso californiano non era a conoscenza.
Altre importanti realtà dell’universo Web si sono pronunciate sulla questione, compreso Facebook, che condivide con Google la stessa linea nella gestione delle richieste provenienti da NSA: il portavoce Fred Wolens ha dichiarato che la consegna dei documenti avviene con “metodi differenti a seconda del caso”, senza però scendere nei particolari svelando quali.
Dipende dalla tipologia di richiesta che riceviamo. Rispondiamo diversamente per fornire informazioni in merito alla possibile posizione di un bambino scomparso rispetto a quanto facciamo per un caso vecchio di alcuni mesi.
L’analista Eva Galperin della Electronic Frontier Foundation, così come altre voci autorevoli del panorama online, sembra guardare con sospetto le dichiarazioni di Google e di altre grandi aziende sull’affare PRISM. Ecco la sua dichiarazione.
Ciò che negano è la conoscenza di un programma chiamato PRISM e la fornitura di un accesso diretto ai propri server. Nei comunicati di Facebook, Google e Microsoft, tutti incentrati sulla trasparenza dei rispettivi report e sull’approvazione del governo necessaria per pubblicare le richieste inerenti il Foreign Intelligence Surveillance Act, tutti i gruppi ammettono in realtà di rispondere. In caso contrario non gli sarebbe possibile pubblicare dettagli sulle richieste ricevute.