Google finisce di nuovo nel mirino dell’Unione Europea, ancora una volta a causa di presunti comportamenti anticoncorrenziali del motore di ricerca. Il commissario Joaquín Almunia si è più volte confrontato con i vertici di Mountain View per discutere della questione, chiedendo formalmente di adottare misure tali da scongiurare un procedimento giudiziario nei confronti del gruppo. La proposta di bigG però convince poco.
A mettere il colosso californiano in una posizione scomoda è la massiccia presenza di link verso i propri servizi tra le SERP (pagine dei risultati). Una pratica che, considerando il monopolio de facto detenuto da Google nell’ambito delle ricerche online, ostacolerebbe la libera concorrenza. Stando a quanto riportato sulle pagine del Financial Times, la società si sarebbe detta disponibile a contrassegnare i collegamenti verso le proprie pagine con una sorta di etichetta, un logo attraverso cui gli utenti potrebbero riconoscere a prima vista quali link portano a una piattaforma gestita da bigG e quali no.
La soluzione, però, non convince. Innanzitutto perché se attuata porterebbe con tutta probabilità a un effetto del tutto contrario rispetto a quanto auspicato da Almunia: differenziare un link finirebbe per metterlo in evidenza e non a spostare l’attenzione sugli altri. C’è poi da considerare che la proposta non tiene conto di un punto di fondamentale importanza per la questione, ovvero il rank tra i risultati. Anche FairSearch.org ha espresso parere negativo sulla proposta.
Il rimedio per ristabilire una sana concorrenza dev’essere adeguato. Chiedendo a Google di distinguere i suoi prodotti (e le inserzioni sponsorizzate) con un’etichetta non riporterà la situazione alla normalità.
Un approccio al problema di questo tipo non impedirà a Google di continuare nella sua condotta, mettendo in prima posizione i propri servizi e retrocedendo quelli dei competitor. L’unica soluzione consiste nel rivedere i criteri di posizionamento.
Rivedere il posizionamento dei risultati nelle ricerche, sembra essere questa l’unica strada da percorrere affinché gli organi antitrust possano definirsi soddisfatti. Considerando quanto sia ormai esteso il raggio d’azione di Google negli ambiti più disparati (dalla telefonia alle mappe, dallo shopping ai contenuti multimediali), una simile mossa potrebbe risultare gravosa sul business di Mountain View.