Gli utenti cinesi utilizzanti Google per le proprie ricerche online hanno visto sparire da alcuni minuti il modulo di ricerca nel quale poter comporre la propria query: l’homepage è dotata di tutti i link canonici e del logo ufficiale, ma il modulo non è presente e risulta pertanto impossibile effettuare qualsivoglia ricerca.
La segnalazione originaria giunge da web2asia: «l’accesso a Google dal nostro ufficio di Shangai mostra che non c’è il modulo di ricerca ed il logo è allineato a sinistra. Google.cn rinvia ancora alla versione di Hong Kong». Tutto funziona, insomma, tranne l’indispensabile. E tutto ciò senza un motivo apparente.
In un giorno qualsiasi si potrebbe pensare che tale disfunzione sia figlia di un problema tecnico o di una qualche novità in arrivo. Ma non oggi: oggi è il giorno in cui Wikileaks ha pubblicato nuovi documenti all’interno dei quali è emersa la presunta colpevolezza delle istituzioni cinesi nel caso di attacco informatico che ad inizio anno ha coinvolto Google ed altre grandi aziende occidentali attive oltre la Muraglia. Le due circostanze succedono nella stessa giornata con impossibile casualità ed una connessione tra i due eventi sembra poter essere cosa più che probabile.
Rimane però il dubbio su come ciò sia potuto accadere. Google, infatti, ha concordato con la Cina un redirect verso i server di Hong Kong tale per cui l’utenza cinese che cerca su Google.cn si trova ad operare su server stranieri in lingua accessibile. Così facendo Google aggira la censura delle istituzioni cinesi, ma il rinnovo della licenza per operare sul territorio sembra comunque figlio di un compromesso i cui dettagli non sono mai trapelati. Per capire quanto alta potrebbe essere ora la tensione, però, occorre risalire a quando Google ha definitivamente rotto con il paese orientale annunciando il clamoroso addio:
Il 12 gennaio abbiamo annunciato su questo blog che Google e più di altre 20 aziende statunitensi sono rimaste vittima di un sofisticato cyber attacco che ha avuto origine in Cina e durante le nostre indagini abbiamo evidenziato prove che suggeriscono che gli account Gmail di dozzine di attivisti per i diritti umani connessi in Cina sono stati ripetutamente violati da terze parti, soprattutto tramite phishing o malware installati sui loro computer. Abbiamo anche chiarito il fatto che questi attacchi e la sorveglianza che subivano – in combinazione con i tentativi lungo l’ultimo anno di limitare la libertà di espressione sul Web in Cina, inclusi persistenti blocchi a siti quali Facebook, Twitter, YouTube, Google Docs e Blogger – ci hanno portati a concludere che non possiamo più continuare a censurare i nostri risultati su Google.cn
Poi venne l’accordo e la via alternativa tramite Hong Kong è stata accettata dalle parti come fredda stretta di mano di mutuo distaccato interesse. Wikileaks potrebbe aver rotto questo fragile equilibrio, scatenando l’ennesimo scontro frontale. Oppure, semplicemente, trattasi di un problema tecnico insorto con clamorosa coincidenza. Al momento non si hanno maggiori informazioni a tal proposito.
Update
Secondo il Wall Street Journal il problema è riconducibile ad un problema tecnico che ha coinvolto una piccola percentuale di utenza per la durata di 4 ore. La conferma sarebbe giunta direttamente da Google. Un problema tecnico nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, quindi, sul quale è lecito mantenere un velo di diffidenza.