Google: obiettivo televisione

L'azienda numero uno nella vendita di pubblicità in rete cerca di allargare il suo business pubblicitario anche ai vecchi media, televisione in primis. L'avventura offline non è però priva di ostacoli
Google: obiettivo televisione
L'azienda numero uno nella vendita di pubblicità in rete cerca di allargare il suo business pubblicitario anche ai vecchi media, televisione in primis. L'avventura offline non è però priva di ostacoli

Non è una novità il fatto che Google stia cercando di espandere il suo business principale, ovvero il posizionamento pubblicitario, anche al di fuori dal settore ove ora è il numero uno: internet. E se già era sicuro l’interessamento per la pubblicità su radio e giornali, ora arriva la conferma che il colosso di Mountain View sta cercando di entrare anche nel business della pubblicità televisiva. È la stessa azienda a validare queste ipotesi quando tra le offerte di lavoro afferma di cercare un «capo vendite per televisioni nazionali» con lo scopo di aiutare a costruire «un team di advertiser televisivi di livello mondiale».

L’idea di Page e Brin per l’advertising offline è sostanzialmente quella di esportare il modello di business che si è rivelato vincente in rete anche sui media tradizionali. Google si vuole inserire e fare da tramite tra le reti (televisive o radiofoniche che siano) e gli inserzionisti, cercando di ottimizzare i posizionamenti pubblicitari a seconda del target cui si rivolgono di volta in volta, lasciando che siano gli stessi inserzionisti gli artefici della propria fortuna nel momento in cui decidono quale sia il proprio target. Il sistema di Google poi si interessa di «sezionare» i palinsesti e la programmazione (o le pagine nel caso dei giornali) profilandone il target d’utenza ed aumentando conseguentemente la resa degli annunci.

Ma i vecchi media del mondo offline sono realtà consolidate con un sistema di relazioni commerciali ben definito e radicato dal quale difficilmente si vogliono separare. Non sempre confidano nel sistema Google e anche quando lo fanno non è detto che siano disposti a rischiare.

Il primo settore a cui l’azienda di Mountain View ha dedicato tempo ed energie è stata la radio (Schmidt ha dichiarato di aver messo un migliaio di impiegati al lavoro su quest’attività). E nonostante Google abbia promesso che il suo sistema sarà in grado di attrarre un gran numero di nuovi investitori pubblicitari come successo per la rete, le stazioni radio non hanno aderito con entusiasmo temendo che la nuova strategia possa sottrarre loro il controllo delle inserzioni. In questo modo anche le stazioni che hanno stretto accordi con Page e Brin non hanno dato mano libera concedendo solo gli spazi pubblicitari peggiori del palinsesto.

Il tv la situazione potrebbe non essere migliore: anche se il sistema di Google potrebbe dare buone performance se accordato con la trasmissione via cavo e la sua capacità di targettizare l’audience, in realtà dai primi accordi stretti con Comcast sembra che non via siano serie intenzioni di siano serie intenzioni di abbandonare i vecchi modelli: «abbiamo già una compagnia di grande successo per la pubblicità» ha spiegato D’Arcy Rudnay, vice presidente alla corporate communication di Comcast «la Comcast Spotlight ha migliaia di impiegati che hanno venduto pubblicità televisiva per molti anni».

Meglio sembra andare invece nel campo della carta stampata dove Google ha stretto due importanti partnership con il Chicago Tribune e il New York Times. I test cominciati in Novembre sembrano dare risultati soddisfacenti anche se le direzioni dei giornali sostengono che sia troppo presto per un giudizio.

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