Continua a tenere banco la disputa tra Google e Apple che, negli ultimi giorni, sembrano non riuscire a trattenersi dall’accusarsi l’un l’altra. A rendere ancora più infuocata la querelle, è Tim Bray, Developer Advocate di Google specializzato nello sviluppo di Android. Secondo l’uomo, BigG addirittura odierebbe iPhone.
Il melafonino sarebbe responsabile di limitare fortemente lo sviluppo di una concezione aperta del Web in mobilità, imponendo restrizioni, censure e, non ultimo, non favorendo la collaborazione con gli altri attori del settore. Le continue battaglie legali, come per esempio quella contro HTC, non farebbero altro che compromettere l’evoluzione del mercato mobile.
La visione di iPhone del futuro di Internet mobile omette le controversie, il sesso e la libertà, ma include gravi limitazioni su cosa si può conoscere e cosa si può dire. […] Si tratta di uno sterile giardino alla Disney, protetto da avvocati con denti da squalo. Le persone che creano app si sottomettono al volere del padrone, temendo la sua furia. […] Io odio tutto ciò.
In altre parole, le severe regole di accesso in App Store e la forte censura di Cupertino nei confronti dei software più controversi, quali le applicazioni pornografiche, andrebbero a compromettere quelle libertà che, da sempre, caratterizzano l’evoluzione di Internet.
Analizzando le dichiarazioni con uno sguardo più critico, non si può, tuttavia, non notare un velato secondo fine nelle parole di Bray. Lo sviluppatore, non a caso, è una delle personalità responsabili del progetto Android, il diretto concorrente del melafonino. Il successo di App Store non conosce pari nel settore mobile e, di conseguenza, potrebbe aver spaventato persino Google.
Inutile negare l’esistenza di forme, più o meno velate, di censura su iPhone. Allo stesso tempo, però, App Store di Apple si è rivelato un sistema vincente, in grado di garantire la possibilità, per moltissimi developer minori, di farsi conoscere al grande pubblico.