Che non contasse più era noto ormai da tempo e che non fosse più un parametro SEO imprescindibile è chiaro ormai anche ai non addetti ai lavori, ma la conferma della scomparsa del PageRank suona per molti come la fine di un’epoca. La conferma arriva direttamente da Google ai microfoni di Search Engine Land: entro poche settimane il PageRank non sarà più visibile, cancellato così definitivamente dagli occhi di SEO, utenti e navigatori.
L’evoluzione del PageRank è l’evoluzione stessa di Google: quando nacque diventò una vera e propria icona, termometro della bontà del lavoro di ottimizzazione che si portava avanti sui propri siti: l’ascesa di Google trasformò il PageRank in un parametro fondamentale, in grado di fare le fortune di un sito (e di un SEO) poiché un piccolo punto in più nella scala decimale del valore poteva significare una scalata sul mercato di competenza. Il PageRank calamitò così tutte le attenzioni, diventando per molti versi anche la vetrina di Google: il mondo del Web lavorava per rapportarsi al nuovo motore e così facendo lo trasformava nel nuovo standard per la ricerca online. Era l’inizio del nuovo millennio e il PageRank era visibile sulla Google Toolbar che chiunque poteva installare sul proprio browser per ottenerne funzionalità aggiuntive.
La diversificazione delle SERP aveva ormai segnato una direzione: non bastava più un parametro unico per raffrontare i vari siti e ogni singola query aveva ormai bisogno di risposte ponderate basate su valutazioni più complesse. Poco per volta il PageRank iniziò così a perdere credito poiché, con il passare degli anni, Google iniziò ad evolvere i propri algoritmi sulla base di esigenze sempre più mature e volumi di ricerca sempre più alti. Per molti versi l’evoluzione è stata causata dalle stesse distorsioni introdotte nel sistema proprio dal PageRank: la corsa al link ed al “passaggio di PageRank” diventò ossessiva, generando vere e proprie bolle di mercato attorno ai siti con maggior credito. Nascevano così i primi schemi di link ed il link stesso si trasformò da salto spaziotemporale tra diverse dimensioni del Web a vasto mercimonio finalizzato al posizionamento sul motore.
Declassare il PageRank divenne così obiettivo primo per un motore che intendeva dominare queste dinamiche invece di rimanerne dominato. Il “PageRank andrà in pensione?” (2009). «Una cosa che penso sia ancora sopravvalutata è il PageRank. La gente pensa, si, fai questa computazione grafica e avrai ordinato tutte le pagine. Si, questa computazione è importante, ma ci sono molte altre cose. […] Abbiamo mai pensato che questo fosse il fattore più importante […] abbiamo sempre guardato a tutti i dati disponibili. C’è questa confusione perché una delle componenti la chiamiamo PageRank, ma l’intero algoritmo Google si chiama anche così. Questo è un errore. Abbiamo bisogno di migliori definizioni» (Peter Norvig, Director of Research Google, 2010). “Google verso l’addio del PageRank?” (2011). Il lavoro è stato progressivo ma, dal punto di vista comunicativo, continuo: occorreva inculcare l’idea per cui il PageRank non fosse più l’unico parametro utilizzato da Google per misurare i siti Web, così che gli schemi strumentali perdessero di importanza, se ne sgonfiasse il mercato e ne tramontasse l’interesse (e con esso tutti gli effetti collaterali causati). Nel 2010 questa idea era ormai già del tutto assimilata e, benché il PageRank avesse perso ormai tutto il proprio fascino, rimaneva comunque tra i parametri di valutazione del motore.
Nelle prossime settimane Google toglierà il PageRank dalla vista degli utenti: non scomparirà ancora dal mix di indizi usato dall’algoritmo di Mountain View, ma il suo ruolo è ormai del tutto marginale all’interno di una selva di parametri e nel contesto di un’evoluzione che porta ormai sempre più convintamente verso la dimensione dell’intelligenza artificiale.
La sua scomparsa ne determina la morte definitiva poiché l’importanza del PageRank stava in gran parte nella sua visibilità e nella sua capacità di riassumere in un solo valore (e una semplice barretta colorata) il peso di un sito Web. Per molti versi sapremo che quel valore esiste ancora, che gravita tra le formule che portano all’elenco dei risultati su Google, ma il suo ruolo è più legato all’amarcord che non ad una funzione effettiva. La sua presenza negli algoritmi rimane “honoris causa”, ricordo del tempo che fu, ricavandosi probabilmente anche una menzione speciale nella storia della ricerca sul Web. Il capitolo “PageRank” finirà nelle prossime settimane e il valore sarà celato per sempre. Chi intende conoscere il proprio PageRank, per mera curiosità fine a sé stessa, può ancora sfruttare per qualche ora i vari servizi di “PageRank Check” disponibili online (un esempio qui). Poi sarà un addio, condito inevitabilmente di una certa nostalgia, e la fine definitiva di un certo modo di pensare ai motori di ricerca.