Google continua a lavorare sul suo sistema di rilevamento dei terremoti per Android, ovverosia Earthquake Alerts. Dopo averlo rilasciato lo scorso aprile anche in alcuni Paesi al di fuori degli Stati Uniti, per perfezionare le sue funzionalità, il colosso di Mountain View punta alla distribuzione mondiale definitiva entro il 2022.
Android Earthquake Alerts
In un disastro naturale o in un’emergenza, ogni secondo conta. Ad esempio, quando si tratta di terremoti, gli studi dimostrano che è possibile prevenire oltre il 50% degli infortuni se gli utenti ricevono un allarme tempestivo e riescono a sfruttare al meglio quei secondi critici necessari per mettersi in salvo. Ecco perché l’anno scorso Google ha lanciato il sistema Earthquake Alerts, che utilizza sensori negli smartphone Android per rilevare i terremoti in tutto il mondo. La funzione è gratuita e fornisce informazioni quasi istantanee a Ricerca di Google sugli eventi sismici locali quando si cerca “Terremoto vicino a me”.
Sfruttando le oscillazioni dell’accelerometro degli smartphone per rilevare le onde sismiche, gli utenti Android riceveranno avvisi automatici di allerta precoce in caso di terremoto nella loro zona. Coloro che non desiderano ricevere le segnalazioni possono disattivarle nelle impostazioni del dispositivo. Se il telefono rileva una scossa che pensa possa essere un terremoto, invia un segnale al server di rilevamento dei terremoti di Google, insieme a una posizione approssimativa del luogo in cui si è verificata la scossa. Il server raccoglie quindi queste informazioni da un certo numero di telefoni così da capire se in effetti si sta verificando un terremoto, dove si trova e qual è la sua magnitudo.
Questa caratteristica è stata lanciata in beta test per la prima volta nell’agosto del 2020 in California, in collaborazione con l’United States Geological Survey (USGS) e alimentato da ShakeAlert. Successivamente è stata estesa agli utenti dell’Oregon e di Washington, fino a nazioni al di fuori degli Stati Uniti, come scritto in precedenza, come Nuova Zelanda, Grecia, Kazakistan, Repubblica del Kirghizistan, Filippine, Tagikistan, Turchia, Turkmenistan e Uzbekistan. L’obiettivo dichiarato è quello di creare la “rete di rilevamento dei terremoti più grande del mondo”.