In sede di presentazione, Google ha definito la fotocamera equipaggiata dai nuovi smartphone della linea Pixel come la migliore del segmento mobile, facendo riferimento a benchmark condotti con criteri di valutazione indipendenti. Non certo per la risoluzione del sensore (12,3 megapixel), ma per la qualità delle immagini realizzate. Il vero punto di forza è costituito dal software.
Ad approfondire l’argomento è Marc Levoy, ricercatore in forza alla divisione Research di bigG. La questione può risultare complessa per chi non mastica termini fotografici, ma basti sapere che in gergo viene definito rumore quel disturbo che solitamente si genera scattando in condizioni di scarsa illuminazione a ISO elevate e con sensori non proprio di qualità. L’accorgimento impiegato da Google nei Pixel è semplice: se c’è poca luce, si realizzano rapidamente più immagini, per poi combinare le informazioni salvate al fine di ottenere dati a sufficienza per riprodurre in maniera ottimale le zone più scure.
Fotografare un’area in ombra genera parecchio rumore, perché pochi fotoni arrivano su quei pixel. Grazie alla matematica, però, se si scattano nove immagini, il rumore viene ridotto di tre volte, pari alla radice quadrata del numero di foto realizzate. In altre parole, effettuare più scatti migliora la qualità del risultato.
In un certo senso, si tratta di un approccio simile a quello a cui si ricorre per le immagini High Dynamic Range, dove si impiegano scatti effettuati ad esposizioni differenti per meglio bilanciare luci e ombre. Il software messo a punto da Google si occupa poi di allineare alla perfezione gli oggetti e i soggetti immortalati, un dettaglio essenziale, poiché le foto combinate sono per forza di cose realizzate in attimi differenti, seppur con un ritardo minimo.
Restando in tema, la modalità HDR+ di Pixel e Pixel XL, al contrario di quanto avviene su altri smartphone, può essere lasciata sempre attiva, poiché non provoca lag nel salvataggio delle immagini. Un altro passo in avanti consentito dal software, come spiega Levoy.
Nel momento in cui si preme il pulsante di scatto, effettivamente non viene salvata alcuna immagine, perché questo è già avvenuto. In realtà si salvano molte immagini. Ciò che succede quando si preme il pulsante è che si stabilisce un momento esatto a cui far riferimento per combinare le immagini già catturate.