Gmail si avvicina a piccoli passi. Google, nel contempo, accompagna la propria creatura tentando di divincolarsi dalle polemiche che inevitabilmente sorgono ad ogni annuncio, sulla scia del polverone sollevatosi in merito ai problemi sulla privacy degli utenti titolari di un account @gmail. L’ultimo passo è la formalizzazione di alcune regole basilari circa l’apposizione degli spazi pubblicitari all’interno delle mail.
Susan Wojcicki, responsabile Google, ha tracciato le linee guida dell’etica pubblicitaria del servizio: «GMail avrà dimensione famigliare» ha sottolineato «per questo motivo sono escluse le pubblicità che fanno in qualche modo riferimento a droghe, armi, sesso e pornografia». Certi prodotti e servizi, dunque, sono stati indicati in una lista nera dei topic e non rientrano nella policy GMail.
Altra importante scelta è l’esclusione di promozioni quali quelle relative ai siti che promuovono incontri e corteggiamenti, fetta di mercato solitamente molto importante nel settore. Traspare dunque una linea Google che tenta di filtrare il solito ammasso di promozioni di un certo genere, a vantaggio di una promozione più “pura” e meno aggressiva soprattutto nei confronti di fruitori potenzialmente molto giovani.
A differenza di quanto ipotizzato agli inizi, inoltre, sarà molto blanda la connessione tra gli argomenti usati nelle mail e gli argomenti delle promozioni. Esempio: in una mail in cui si parla di fotografia, difficilmente sarà possibile riscontrare promozioni di macchine fotografiche. Piuttosto, come si evince da una precisa indagine del New York Times, è presumibile trovare in una mail che tratta della ricerca di una nuova casa, la pubblicità di un’agenzia di lavoro (parametro legato non troppo indirettamente alla ricerca, appunto, di una residenza).
Ulteriore scelta etica del gruppo è la non correlazione di promozioni a messaggi in qualche modo negativi. Il fatto è evidenziato ancora dal News York Times secondo cui una mail contenente il testo “I love Orlando” (io amo Orlando) conterrà una promozione, mentre un gemello “I hate Orlando” (io odio Orlando) non avrà alcuna promozione connessa. La motivazione è semplice e meno idealista di quanto gli annunci Google lasciassero intendere in sede di presentazione della futura IPO: semplicemente l’idea dell'”odio” non è sufficientemente commercializzabile, dunque è preferibile evitare promozioni in grado di annacquare i risultati effettivi delle inserzioni. Un gruppo di linguisti starebbe affinando i filtri in vista dell’apertura ufficiale del servizio, prevista entro fine anno.