Per un caso che si chiude, un’altro se ne apre: nel mirino ancora una volta l’immenso archivio di informazioni detenuto da Google, negli ultimi giorni al centro dell’attenzione in tre diversi casi riferiti ai dati relativi alle ricerche compiute, alla cache del motore ed infine in merito a quanto conservato all’interno dello spazio riservato all’account Gmail.
Nel primo caso quella di Google è stata una mezza vittoria: la prima ingiunzione ad aprire il proprio archivio per favorire indagini tra le ricerche compiute è stata mitigata e limitata a poche migliaia di dati (anziché milioni): «la domanda del Dipartimento di Giustizia riguarda informazioni che il governo vuole che Google produca nell’ambito di un caso separato, per capire fino a che punto la pornografia online rappresenti una minaccia per i bambini. Tale richiesta ha sollevato dubbi sulla misura in cui gli utenti possano fidarsi di Google per vedere difeso il diritto alla privacy rispetto alle proprie abitudini di ricerca» (Borsa Italiana). Il titolo GOOG ha avuto un repentino balzo verso l’alto alla notifica di tale sentenza in quanto la privacy è considerata un valore importante per un gruppo come Google che erge buona parte del proprio mercato sulle informazioni affidate dai propri utenti all’atto dell’iscrizione al proprio account.
Una vittoria più netta giunge da una ulteriore sentenza che scagiona completamente Google dalla conservazione nella propria cache di contenuti indicizzati in rete. Il caso è correlato ad un messaggio postato su Usenet: la relativa denuncia è stata respinta dal giudice distrettuale e la cache di Google ne esce immacolata.
Un nuovo caso si apre ora relativamente all’archivio GMail ed è stato portato alla luce da un reportage CNet. Una vertenza che nulla ha a che vedere direttamente con il motore di Mountain View ha infatti spinto il giudice Elizabeth Laporte a chiedere a Google l’apertura di un account Gmail per verificarne tutti i contenuti, attuali e passati, anche se potenzialmente cancellati. Anche se Gmail opera una eliminazione a tempo delle mail del cestino, infatti, tali messaggi possono rimanere sui server: il giudice ne chiede il ripristino e l’apertura per approfondire i termini del processo in corso tentando di scavare nelle mail della persona denunciata a partire dal 1 Gennaio 2003.