Una piccola operazione di maquillage, oppure un layer sostanziale: Google Reader Play è un po’ l’uno e un po’ l’altro, a metà tra una semplice miglioria estetica ed una modifica in grado di cambiare radicalmente la funzione del servizio. La presentazione è avvenuta in sordina, come una semplice modifica ad un servizio consolidato. Ma tra le righe c’è qualcosa di differente: può essere questo il passo del Reader dal desktop al mobile.
Google Reader funziona sul principio del classici feedreader, portando in una applicazione online un elenco di feed raccolti dalle fonti impostate. Google Reader Play è invece un servizio che permette di scorrere non lunghi elenchi testuali, ma semplici immagini. Lo strumento, se utilizzato in area desktop, può apparire inutile, probabilmente fastidioso, poichè non apporta alcuna utilità pur negando l’accesso alle informazioni cercate. In ambito mobile, invece, l’utilità prende forma: scorrere immagini invece di elenchi testuali permette infatti un accesso immediato al contenuto, un feeling differente ed un approccio pensato per superifici e interfacce alternative.
L’interfaccia dice molto a proposito di Google Reader Play: fin dal primo impatto, infatti, l’analogia con le interfacce mobile rende intuitiva una interazione touchscreen nella quale click e scorrimenti sono le uniche modalità di interazione necessarie: una immagine (o un video) a tutto schermo, pulsanti di scorrimento laterale, sviluppo orizzontale, anteprima di selezione nella parte inferiore, pulsanti di opzione per impostare alcuni parametri di utilizzo. Sebbene la formula attuale sia soltanto un primo passo, quindi, Google Reader Play sembra destinato a diventare una applicazione per la mobilità. Ma non solo.
Google Reader Play
I contenuti veicolati sul servizio non sono scelti, ma raccomandati. Il funzionamento è basato infatti sull’uso abituale della versione basic di Google Reader: le condivisioni, i “like” e le attività tenute sul reader influenzano infatti le “raccomandazioni” di Google. Quel che tradizionalmente confluisce nei “Recommended item”, insomma, diventa la materia prima su cui Google costruisce il flusso del Reader Play. L’utente ha pertanto a disposizione qualcosa da cui trarre spunto, filmati curiosi, immagini allettanti ed altro materiale che gli algoritmi di Mountain View selezionano sulla base di informazioni precedenti.
Per Google Reader è questa una veste curiosa, un modo per regalare appetibilità al servizio ed ai contenuti ivi veicolati. Per l’utente è questo un modo differente per cercare informazioni, intuitivo ed immediato, pensato probabilmente più per l’intrattenimento che non per l’utilità immediata. Per Android potrebbe invece essere questa una funzione aggiuntiva, qualcosa di valido tanto per uno smartphone quanto per un tablet. E se ancora la formula non è quella definitiva, il Reader Play appare comunque come un primo passo in una direzione sufficientemente chiara: in mobilità l’immediatezza delle azioni è ciò che può fare la differenza tra l’uso o il non uso di una interfaccia o di un servizio. Ed in questo contesto le raccomandazioni di Google possono diventare una sorta di palinsesto self-service per l’approccio ai contenuti online.