Così come successo a suo tempo con il nome “Gmail”, Google ha oggi non poche difficoltà a certificare tutti i propri diritti per il trademark “Android“. Google, anzi, si trova addirittura sotto accusa per aver utilizzato un brand di proprietà altrui e l’intero corpus dei propri partner rimane coinvolto nell’iniziativa legale. Le richieste non sono tanto onerose in quanto a moneta sonante, ma in quanto indirizzate ad ottenere la sospensione nell’uso di un nome a cui ormai l’utenza era abituata.
La denuncia è firmata Erich Specht, avente negli Stati Uniti i diritti derivanti dai nomi Android Data Corp ed Android’s Dungeon. Google, a sua volta, aveva richiesto i diritti sul brand appena un mese prima della pubblica notifica del progetto Android (il sistema operativo che il gruppo di Mountain View ha pensato e sviluppato per il mobile), nell’Ottobre del 2007. Richiesta, però, rimandata al mittente: lo US Patent and Trademark Office ha respinto la richiesta togliendo a Google ogni velleità di controllo su un brand ormai fatto pubblicamente proprio.
La denuncia di Erich Specht non si limita a tirare in ballo il solo Google, ma coinvolge anche nomi quali Samsung, Sony Ericsson, Toshiba, Motorola, Vodafone e tutti coloro i quali hanno in qualche modo avuto a che fare con Android nei mesi passati. Oltre 40 i gruppi chiamati in causa (in pratica l’intera Open Handset Alliance) e per ogni singolo gruppo la richiesta è di 2 milioni di dollari di penale, per un totale di 94 milioni in tutto.
Specht ha dalla sua un trademark registrato fin dal 30 Luglio 2002, a due anni di distanza dalla prima richiesta e 5 anni prima dell’arrivo di Google sul nome. Il trademark risulta regolarmente certificato dal sito dell’USPTO al numero 78011167, il che lascia ipotizzare tempi duri per Google. I legali di Mountain View promettono battaglia, ma le ragioni dell’accusa sembrano supportate anche dalla particolare natura della denuncia formulata: il valore complessivo della sanzione rappresentato dalla richiesta di risarcimento danni appare infatti minimo rispetto a quello che è invece il danno rappresentato da un eventuale blocco nell’uso del brand sotto accusa. Google è in un momento fondamentale nella storia del proprio sistema operativo: 1 milione di G1 è già sul mercato, la versione 1.5 del sistema è in arrivo e la concorrenza impone pressione massima ad un mercato in piena esplosione. La denuncia rischia ora di bloccare un brand in piena guerra, tarpando le ali ad uno dei progetti più ambiziosi dell’intero team di Mountain View.
Meno chiare sembrano essere le motivazioni relative alla tempistica. La denuncia, infatti, giunge tempo dopo la presenza di Android sul mercato, ma solo oggi il sistema Google si trova formalmente sotto accusa. Erich Specht, infatti, avrebbe spiegato come solo di recente ha realizzato il fatto che Android è un sistema software e non hardware, e che per questo motivo ha capito che il trademark risulta essere violentato direttamente nello stesso campo d’azione della Android Data Corp.
Google, da parte sua, punta sul fatto che la Android Data Corp. risulterebbe inadempiente poiché in passato avrebbe sospeso le proprie attività (salvo poi ripristinarle nel 2004), tanto da fallire anche nel rinnovo del proprio dominio. Nonostante più tentativi, però, Google non è mai riuscito a far valere le proprie ragioni e per questo motivo anche in questo caso le possibilità per Mountain View sembrano risicate. «Davide contro Golia»: Erich Specht fotografa così il braccio di ferro legale intrapreso, ma la posizione di vantaggio delle proprie posizioni rispetto alla controparte appaiono al momento evidenti.
La sensazione è insomma quella per cui l’accusa abbia ad oggi il coltello dalla parte del manico. Google tenterà presumibilmente, ancora una volta, di smontare i diritti della controparte, cercando in alternativa un accordo extraprocessuale. Il caso è oggi ai primi passi e le fazioni sembrano ancora arroccate su posizioni opposte e ben poco concilianti. In futuro l’interesse reciproco potrebbe imporsi come soluzione logica per un caso che dovrà avere per forza di cose un vincitore in tribunale, ma che potrebbe invece non avere alcun vincitore sul mercato.