Una risposta generica, fatta di principi di riferimento. Solo una premessa prima di aprire i rispettivi faldoni e cominciare a fare sul serio. Google ha pubblicato sul suo blog una lettera aperta agli utenti, a dimostrazione di come stavolta si faccia sul serio.
L’inchiesta annunciata della Federal Trade Commission ha fatto sorgere molte domande sull’operato di Big G, tutte senza risposta. D’altra parte, a Mountain View neppure sanno di cosa li si accusa, così hanno preferito scrivere una lettera, intitolata “Sostenere la scelta, garantendo opportunità economiche”.
Google individua perciò nella libertà di scelta e nelle opportunità del motore di ricerca i due valori da contrapporre a chi parla di abuso di posizione dominante.
“Risposte immediate. Nuove fonti di conoscenza. Potenti strumenti, tutti gratis. In soli 13 anni abbiamo costruito un modello che ha cambiato il modo di trovare le risposte e aiutato le aziende, grandi e piccole, a trovare nuovi clienti.
La ricerca consente di andare ovunque e scoprire tutto. Usare Google è una scelta e ci sono un sacco di altre scelte a vostra disposizione per ottenere informazioni: motori di ricerca generici, motori di ricerca specializzati, la navigazione diretta verso i siti web, le applicazioni mobili, le reti sociali e altro ancora.”
Insomma, per Google nessuno ci costringe a usare il suo motore. E anche se la sua leadeship può essere potenzialmente usata contro la concorrenza, resta uno dei principi cardine a levare il dubbio: l’algoritmo.
“Facciamo centinaia di modifiche ai nostri algoritmi, ogni anno, per migliorare la vostra esperienza di ricerca. Non tutti i siti e non sempre possono risultare in cima alla lista, o addirittura apparire sulla prima pagina dei risultati di ricerca.”
Nel resto della lettera, firmata da Amit Singhal, ingegnere di lungo corso a Mountain View, si cercano di chiarire altri principi di trasparenza, anche per quanto riguarda le inserzioni pubblicitarie: il cuore della questione.
Il tempo delle convocazioni è vicino, e questa è soltanto la prima mossa. Ma è una mossa pubblica, più interessata a tranquillizzare gli utenti che non gli investitori. Forse perché Google è convinto di vincere la causa, ma è preoccupato delle conseguenze sulla sua immagine.