Google e l’industria musicale/cinematografica sono ad un punto cruciale nello stabilire fino a che punto le parti siano amiche e fino a che punto siano nemiche. Google, infatti, potrebbe mettere a disposizione dell’industria del copyright nuovi strumenti per combattere la pirateria, ma al tempo stesso la pretesa di un pagamento sembra sollevare polemiche il modo in cui Google andrebbe a monetizzare la propria posizione sia che collabori con le forze del bene, sia che collabori con le forse del male.
Ad oggi, accusano le major, Google ha tratto profitto dal mondo della pirateria alimentandone le attività grazie al proprio AdSense, sistema con cui vien messo in condivisione il profitto tratto dall’advertising sulle pagine dei partner. Nel momento in cui andasse ad iniziare una collaborazione con le major per scovare e bloccare i pirati, Google si troverebbe così giocoforza a combattere contro i propri stessi interessi, sia pur se per un fine legittimo. Questa posizione si fa pertanto complessa soprattutto alla luce della natura della collaborazione che le parti starebbero vagliando.
Secondo quanto trapelato da CNet, Google potrebbe infatti prestare le proprie tecnologie al mondo delle major, consentendo di cercare online materiale pirata e procedere pertanto con le opportune azioni legali. Google però impone due limiti al tutto: le richieste effettuate devono essere in minima quantità e tutto ciò avrebbe comunque un prezzo pari a circa 5 dollari per ogni 1000 ricerche (qualcosa valutabile come qualche milione di dollari ogni anno). La strategia sarebbe stata spiegata alle major in una lettera firmata James Pond e datata 20 settembre.
Un filmato firmato Ellen Seidler mette Google con le spalle al muro, tentando di far passare il network AdSense come la dimostrazione dell’indiretto collaborazionismo tra Google ed i pirati:
Rincara la dose Rick Carnes, presidente della Songwriters Guild of America: «Google trae profitto dall’advertising sui siti pirata. Ora vogliono far soldi aiutando i creatori [di contenuti] a trovare i contenuti pirata». Un conflitto di interessi, insomma, che getta sospetto sui 5 dollari richiesti da Google in apparenza come semplice rimborso per le spese da sostenere per la tecnologia da porre in essere ai fini della ricerca.
Google, da parte sua, smorza i toni e promette massima collaborazione: una dichiarazione rilasciata a CNet ribadisce la massima apertura alla discussione, la massima collaborazione nella rimozione gratuita di link verso materiale pirata, la massima disponibilità nei confronti di quanti collaborano con il servizio ContentID. Ogni servizio aggiuntivo, però, ha un prezzo ed esula in ogni caso Google da ogni responsabilità. Su questi aspetti si andrà presumibilmente a discutere anche nel contesto delle trattative che vedono la controparte pronta a chiedere il proprio prezzo per concedere in licenza i propri contenuti al futuro della musica cloud che Google sta pensando per i dispositivi Android.
Photo credit: Juliana Coutinho