Un grave scandalo colpisce la divisione kenyana di Google: secondo le accuse di un gruppo locale (con tanto di sincera ammissione di colpa da parte dell’azienda di Mountain View), da mesi sarebbero in atto azioni sleali per far propria la clientela della concorrenza. I dettagli su quanto avvenuto rendono il tutto ancor più clamoroso, poiché ben poco “Google” e molto “evil”.
Al centro della vicenda v’è la Mocality, azienda che tenta di organizzare le aziende locali per dar loro visibilità online all’interno di un’economia notoriamente povera e fragile. L’opera del gruppo è interamente focalizzata sul database delle aziende che si riesce a portare all’interno della directory: maggiore è il loro numero, maggiore è l’importanza del sito e maggiore è di conseguenza la possibile visibilità restituita. Tuttavia in questo quadro si inserisce ad un certo punto una variabile non prevista. Il tutto sembra avere inizio nel mese di ottobre.
Con tanto di dettagli, la Mocality ha dimostrato come negli ultimi mesi del 2011 sia andato aumentando il traffico sul proprio sito. L’aumento è stato però concentrato su pagine specifiche, ossia quelle dei contatti con le singole aziende del database. Il tutto, secondo l’analisi portata avanti, è avvenuto non tramite un bot, ma piuttosto tramite l’azione umana di persone che cercavano specificatamente dati mirati.
Contemporaneamente, la Mocality ha iniziato a ricevere strane telefonate da parte dei propri clienti, telefonate che sembravano descrivere una situazione confusa: i clienti chiedevano informazioni su servizi mai forniti e la ripetitività dell’evento ha dato origine al sospetto ed alle indagini. A seguito di ricerche a campione (testimoniate sul blog del gruppo) la Mocality è infine risalita al progetto Getting Kenyan Businesses Online (GKBO) con cui Google si propone di contribuire alla creazione di siti Web per le piccole e medie aziende locali. I responsabili del progetto, in pratica, avrebbero cercato i contatti delle aziende direttamente sulla directory Mocality ed avrebbero contattato una ad una le aziende spacciando una partnership Google/Mocality mai esistita (addirittura sostenendo la proprietà di Google su Mocality). Così facendo tentavano di far propri i clienti altrui e tra ottobre e gennaio già il 30% del totale delle aziende nel database erano state contattate.
Lo sconcerto della Mocality e la profondità delle argomentazioni non ha lasciato scampo a Google, da cui giunge una immediata e totale ammissione di colpa:
Ci siamo già scusati senza riserve con la Mocality. Stiamo ancora investigando su cosa sia esattamente avvenuto ed appena avremo il quadro completo intraprenderemo le necessarie azioni con le persone coinvolte.
Google, insomma, sarebbe del tutto estranea a quanto accaduto, ma non lo sarebbero alcuni dipendenti che potrebbero aver agito di propria iniziativa pur di imporre il progetto GKBO nel paese africano. Il tutto avviene però nella settimana di Google Search plus Your World e nei giorni delle denunce alla FTC: l’immagine del gruppo di Mountain View ne esce inesorabilmente incrinata e serviranno azioni radicali per invertire la pericolosa rotta intrapresa.