In California qualcosa si sta muovendo, e la legge anti-GMail ha preso una forma più consona alle necessità del servizio.
Quando il 1° Aprile Google annunciò GMail subito si sollevarono le prime feroci critiche sul servizio. Anticipando nei tempi l’uscita ufficiale alcune leggi andarono a tamponare una situazione che creava scompiglio e che aveva fatto sollevare moniti apocalittici circa l’invadenza di Google nell’intimità dei propri utenti.
Andando a rappresentare una sostanziale novità nel mondo della pubblicità, il servizio GMail scopre aspetti che la giurisprudenza non ha mai affrontato. Nel momento in cui le promozioni occupavano lo spazio pubblico, infatti, era sufficiente una regolamentazione dei contenuti e delle quantità; ora, con l’intrusione della pubblicità nelle situazioni private, è necessaria una regolamentazione tale da garantire il diritto alla privacy.
La nuova legge, non ancora ufficialmente approvata, fa decadere un principio che apre le porte al nuovo modo di fare pubblicità: è possibile, fermo restando i diritti dell’utente, operare una scansione automatica delle mail a scopi promozionali. La scansione è utile a reperire le parole chiave alle quali si farà appiglio all’atto dell’apposizione delle promozioni.
Diritto imprescindibile dell’utente rimane la possibilità di cancellare le mail con la piena sicurezza di una eliminazione definitiva del tutto (GMail non ha fatto inizialmente segreto della volontà di mantenere in archivio le mail per estendere la capacità di targettizzazione delle promozioni offerta dal sistema). Decade nel contempo la proposta di un avvertimento ai mittenti che inviano posta ad una casella soggetta a scansione automatica: i legali di Google hanno evidenziato l’impraticabilità del tutto, e la mancata tutela delle mail provenienti dall’esterno rimane un prezzo da pagare all’interno del compromesso emergente.
A firmare la legge è la senatrice Liz Figueroa, la quale sottolinea come prima d’ora nessuna legge avesse affrontato tale problematica. I commenti sulle variazioni apportate al testo originario del provvedimento sono di origine variegata: mentre alcuni vedono nella modifica una sostanziale vittoria di Google (che ha la meglio nei punti salienti dello scontro), altri intravvedono una serie di limitazioni tali da imporre a GMail importanti restrizioni.