Con un post firmato da Laszlo Bock e comparso sul Public Policy Blog nelle ore scorse, Google si schiera apertamente a favore di una proposta bipartisan per la riforma della normativa che regolamenta l’immigrazione negli USA. Il documento “Immigration Innovation Act of 2013” è stato presentato ieri da quattro senatori appartenenti a entrambi gli schieramenti, con l’obiettivo di attirare negli Stati Uniti menti brillanti da tutto il mondo e dare così uno slancio all’economia del paese.
A sostegno della propria posizione bigG cita alcuni numeri: il 25% circa delle aziende create sul territorio americano nel periodo compreso tra il 2006 e il 2012 ha almeno un fondatore nato all’estero. Queste società, inoltre, hanno contribuito a combattere la disoccupazione dando lavoro a oltre 560.000 persone e generando fatturati per 63 miliardi di dollari. L’ambito tecnologico in particolare ha beneficiato nel decennio scorso di questo fenomeno: lo dimostrano realtà come Yahoo!, eBay e Intel, ma anche la stessa Google, considerando le origini russe di Sergey Brin (nato a Mosca).
Abbiamo già parlato più volte in passato del grande contributo fornito a Google da professionisti immigrati. Dallo sviluppo di prodotti come Google News e Google Maps fino alla gestione del nostro business e marketing in tutto il mondo, molti talenti nati al di fuori degli Stati Uniti hanno giocato, e continuano a farlo, un ruolo di importanza vitale per Google e per tutta la nostra economia.
Il colosso di Mountain View scende dunque in campo per farsi promotore di una riforma sulla linea di quelle già attuate da paesi come Cile e Canada. Una delle finalità della proposta è quella di rivedere la regolamentazione del visto H-1B, a disposizione dei datori di lavoro per impiegare personale estero negli USA, che al momento limita l’ingresso a 65.000 persone per ogni anno fiscale. La questione giungerà presto sul tavolo del Congresso e dell’amministrazione Obama.