La condanna è arrivata: Google è responsabile dei suggerimenti che Google Suggest mette sotto gli occhi degli utenti intenti a formulare le proprie query sul motore di ricerca. L’approccio italiano è il medesimo già dimostrato dalla giurisprudenza francese: Google deve filtrare i suggerimenti, facendo in modo che il tutto non possa rendersi responsabile di eventuali diffamazioni. Abbiamo così fatto un piccolo esperimento, provando Google Suggest su alcuni dei nomi che animano oggi il quadro politico nazionale. Del resto, se qualcuno potrebbe tenere in modo particolare alla propria immagine, sono questi proprio i politici, coloro i quali sull’immagine costruiscono la propria presenza pubblica e la propria autorità.
Nella maggior parte dei casi l’esperimento riconsegna risultati del tutto comuni. Tanto per Silvio Berlusconi quanto per La Russa, Fini, Bersani, Alfano, Scilipoti e molti altri i consigli di Google Suggest sono del tutto omogenei e tradizionali: “wikipedia”, “facebook” , “wiki”, “biografia”. Digitare il solo cognome restituisce però qualcosa di più curioso, creando abbinamenti più significativi: “berlusconi dimettiti”, “berlusconi ruby”, “scilipoti un giorno da pecora”, “fini la russa”, “la russa annozero”, eccetera.
Alcuni nomi, però, sembrano dissociarsi maggiormente dai trend comuni, inserendo tra i suggerimenti di Google Suggest altre realtà. È il caso, ad esempio, di Mara Carfagna, ove la parola “calendario” viene prima di “wikipedia”, “foto” e “biografia”. Seguono “intercettazioni”, “hard” e “piedi”.
E se nel caso di Italo Bocchino ci si potrebbe attendere riscontri relativi al flirt con la Carfagna, tutto ciò invece non compare. Non compare, a onor del vero, assolutamente nulla poiché il cognome dell’esponente FLI rimane invischiato nella censura dello strumento di Google e per avere i risultati occorre quindi forzare la ricerca premendo volontariamente su “Invio” o su “Cerca”.
Il gossip la fa da padrona addirittura sul nome di Umberto Bossi, ove i suggerimenti offerti da Google sono “luisa corna”, “wikipedia”, “e luisa corna” e “wiki”. Luisa Corna viene prima del Carroccio, prima dei problemi di salute e prima del figlio Renzo. Tutto ruota infatti attorno ad una vecchia storia che ha interessato il Senatur e la Corna: non a caso cercando Luisa Corna i primi risultati che Google suggerisce sono proprio relativi al termine “umberto bossi”.
Nel caso di Pierferdinando Casini una voce a sorpresa si infila tra la biografia e la scheda su Wikipedia: si tratta della parola “anagramma”. Il suggerimento è relativo al fatto che, anagrammando il nome del leader UDC, si ottiene un curioso “Perdi se andrai con Fini”. Se Pierferdinando Casini chiederà consiglio a Google, insomma, il suggerimento che otterrà sarà sufficiente a mandare per aria il cosiddetto terzo polo.
Per Stefania Prestigiacomo vanno per la maggiore i termini “hot” e “sexy”, portando così l’utenza che si affida a Google Suggest verso immagini e paparazzate del Ministro dell’Ambiente in vacanza. Per Dario Franceschini i primi due abbinamenti sono invece relativi alle parole “gay” e “cecchi paone”.
Altrettanto curioso il caso di Antonio Di Pietro, il cui nome viene abbinato al termine “dermatologo”. Un semplice click mette in evidenza un caso di omonimia relativo ad Antonino Di Pietro, specialista in Dermatologia.
Occorre ricordare che, come sottolinea Google nella propria spiegazione del servizio, Google Suggest nasca per velocizzare e semplificare la ricerca (differenziando i risultati tra gli utenti loggati e quelli che non hanno attivato un proprio account), il tutto seguendo parametri matematici e nulla più:
Mentre digiti, l’algoritmo di Google prevede e visualizza le query di ricerca in base alle attività di ricerca degli altri utenti. Queste query vengono determinate in modo algoritmico in base a una serie di fattori assolutamente oggettivi (come la popolarità dei termini di ricerca), senza alcun intervento umano. Tutte le query previste visualizzate sono state digitate in precedenza da utenti Google. Il set di dati della funzione di completamento automatico viene aggiornato spesso in modo da offrire query di ricerca nuove e in aumento
Ciò nonostante la condanna è stata sancita: chi digita il proprio nome può ora pretendere da Google azioni correttive nel caso in cui le keyword abbinate al proprio nome non siano particolarmente positive. Soprattutto quando il nome è un marchio e sia alla base delle proprie fortune aziendali o politiche.
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