L’impegno di Google nel contenere il fenomeno pirateria è ben noto, sia con la penalizzazione sul motore di ricerca dei siti che offrono il download di materiale protetto da diritto d’autore senza autorizzazione che attraverso la rimozione selettiva di link su richiesta di chi detiene il copyright. Il prossimo step potrebbe essere rappresentato da una partnership con realtà del calibro di Visa, Mastercard e PayPal, veri e propri giganti per quanto riguarda le transazioni monetarie online.
Stando a un’indiscrezione comparsa sulle pagine del Telegraph, le quattro società avrebbero intavolato una discussione finalizzata al blocco dei pagamenti per chi gestisce un sito con materiale illegale. Nessuno dei protagonisti coinvolti si è pronunciato per confermare o smentire il rumor, preferendo trincerarsi dietro a un “no comment”. Solo un portavoce di Mastercard ha risposto alla richiesta di chiarimenti, senza però svelare nulla su eventuali progetti di collaborazione con bigG.
Mastercard prende in considerazione la sicurezza online molto seriamente. Stiamo lavorando fianco a fianco con i nostri partner per assicurare la migliore esperienza possibile per quanto riguarda i pagamenti elettronici.
L’iniziativa non sarebbe comunque la prima di questo tipo. Già nel 2011 venne messa in campo una sorta di blocco nei confronti di Wikileaks, secondo alcuni in seguito alle pressioni ricevute dal governo americano, con Visa, Mastercard e PayPal che hanno interrotto i trasferimenti di denaro e le donazioni destinate al sito creato da Julian Assange. Una mossa capace di suscitare reazioni contrastanti, tanto da portare alcuni movimenti sostenitori della libertà d’informazione a chiedere agli utenti di sabotare le aziende coinvolte.
Questa volta le premesse sarebbero però ben diverse. Sospendere il servizio per chi si macchia di un reato come quello legato alla distribuzione non autorizzata di materiale protetto da diritto d’autore potrebbe rivelarsi uno strumento efficace, più della rimozione a posteriori dei link delle SERP (pagine dei risultati) di Google. In assenza di conferme e commenti ufficiali il tutto va però al momento etichettato come un’indiscrezione.