La salita in cattedra di Larry Page coincide con il ritorno al clima delle vecchie comunicazioni trimestrali Google, quelle piene di sorpresa ed entusiasmo. La Borsa se ne accorge immediatamente: +12% a fine seduta verso la soglia dei 600 dollari, un salto carpiato in avanti che da tempo non si vedeva dalle parti di Mountain View a seguito di un periodo di restauro (ancora non terminato) che ha costretto a lauti investimenti mentre la matassa delle entrate veniva poco alla volta sbrogliata.
L’ultima trimestrale di cassa vede le entrate a quota 9.03 miliardi, in aumento del 32% rispetto ad un anno fa ed oltre le aspettative di 8.59 miliardi. La crescita è quasi completamente accreditabile ai siti propri della galassia Google, mentre stabili sono le entrate dal network. Google, insomma, ha spostato maggiormente su di sé i progressi macinati, avendo maggior controllo sulla situazione e potendo così trattenere una maggior fetta dell’introito complessivo.
Oggi il gruppo ha una forza lavoro da 28768 unità, 2452 in più rispetto al trimestre precedente e ferma intenzione di continuare ad assoldare forze capaci e nuove idee per procrastinare il buon momento attuale. Il prezzo per ogni singolo click sugli spazi promozionali del gruppo è aumentato del 12% circa rispetto alla fine del 2010, contribuendo così a portare il forziere del gruppo a 39.1 miliardi di dollari , cifra che garantisce una solidità invidiabile.
La sensazione della vigilia era quella per cui Google avrebbe potuto consegnare una trimestrale in chiaroscuro e la Borsa sarebbe pertanto stata pronta a giocare di speculazione sulle possibili difficoltà future del gruppo. Al contrario, i dati comunicati da Larry Page (a cui non sono state però rivolte domande circa i problemi antitrust in arrivo da più parti nel mondo) indicano invece un relativo stato di salute che vede nei numeri a bilancio la fotografia più rosea della situazione attuale.
Google+ è agli inizi e le auto che guidano da sole sono uno dei tanti investimenti marginali su cui l’azienda punta gli spiccioli. Tutto il resto è invece un business solido le cui performance rimangono in linea con quel che il mercato si aspetta. Per Larry Page, insomma, buona la prima.