Sembra essere una battaglia legale destinata a protrarsi ancora per diverso tempo, quella che vede Google contrapposta ad Oracle. Tutto è iniziato negli anni scorsi con l’accusa, rivolta al gruppo di Mountain View, di aver utilizzato senza autorizzazione 37 API Java all’interno del sistema operativo Android. La richiesta di un maxi-risarcimento (9,3 miliardi di dollari) è stata cestinata, riconoscendo a bigG il fair use del codice.
Il motore di ricerca è poi passato all’attacco, chiedendo il rimborso delle spese sostenute durante il dibattimento e accusando la controparte (più precisamente l’avvocato Annette Hurst) di aver diffuso informazioni confidenziali in merito al business generato dalla piattaforma mobile nel corso di un’udienza. Oracle risponde oggi depositando un documento in cui respinge l’accusa al mittente, affermando “che i dati sono stati forniti in risposta alle domande del giudice, per confutare in diretta le errate caratterizzazioni espresse da parte di un legale di Google”. Ora l’azienda di Mountain View ha dieci giorni di tempo per inoltrare una replica ufficiale, dopodiché le due parti si incontreranno nuovamente in aula il 22 settembre. Questa la posizione di bigG.
Annette Hurst ha di recente svelato in una corte aperta al pubblico alcune informazioni finanziarie sensibili e confidenziali, relative sia a Google che al partner di terze parti Apple, così come altre informazioni strettamente confidenziali appartenenti a Google. A causa del fallimento da parte di Oracle di rimediare all’azione, le informazioni sono state riportate dalle principali agenzia di stampa.
Tra le informazioni in questione, riportate inizialmente da Bloomberg e ben presto finite sulle testate di tutto il mondo, figurano i dettagli sul miliardo di dollari versato da bigG ad Apple per mantenere Google come motore di ricerca predefinito sui dispositivi della linea iOS e i 31 miliardi di dollari generati dall’intero business legato all’ecosistema del robottino verde.