Al termine di un dibattimento durato tre giorni, un giudice del Northern District of California di San Francisco ha stabilito che l’utilizzo delle API Java (37 in totale) fatto da Google all’interno dell’ecosistema Android può essere ricondotto al fair use e ha dunque respinto la richiesta avanzata da Oracle per un risarcimento quantificato in 9,3 miliardi di dollari. Una vittoria per bigG.
In altre parole, pur non avendo acquisito le licenze necessarie allo sfruttamento delle API, a Google non è stata riconosciuta alcuna colpa. Si conclude così una battaglia legale durata sei anni e che ha visto le aziende coinvolte fronteggiarsi per ben due volte in tribunale (il primo verdetto, nel 2014, è stato a favore di Oracle) al fine di stabilire eventuali violazioni del copyright. Ovviamente soddisfatti i vertici del motore di ricerca, che sottolineano quanto la decisione presa costituisca una vittoria per l’universo di sviluppatori e utenti legati al robottino verde, nonché per l’innovazione.
Il verdetto di oggi stabilisce che Android fa un utilizzo leale delle API Java e rappresenta una vittoria per l’ecosistema Android, per la community di programmatori Java e per gli sviluppatori software che credono in un linguaggio di programmazione aperto e libero per costruire prodotti innovativi destinati agli utenti.
Oracle, invece, continua a mantenere la propria posizione, ribadendo come il comportamento di bigG sia da ritenere illegale e lesivo nei confronti del proprio business. La società, attraverso una dichiarazione rilasciata dal consigliere generale Dorian Daley, annuncia l’intenzione di ricorrere in appello. Secondo gli analisti, però, ribaltare la decisione sarà quasi impossibile.
Crediamo fermamente che Google abbia sviluppato Android copiando illegalmente il cuore della tecnologia Java, per entrare nel mercato dei dispositivi mobile. Oracle ha intentato questa causa per fermare il comportamento illegale di Google. Pensiamo ci siano molti spunti per un appello.