Il 3 dicembre è vicino, ed il 3 dicembre è il giorno ultimo: gli Stati Uniti hanno messo sul mercato le frequenze tra i 698MHz e gli 806MHz (meglio note come le frequenze dei 700 MHz) e tra poche settimane verranno consegnate le buste contenenti le puntate che i vari attori del mercato intenderanno proporre alla Federal Communications Commission. Tra i contendenti si è a lungo vociferato anche il nome di Google, da cui giunge ora la conferma: Google parteciperà all’asta.
Trattasi di un’entrata di peso nell’asta: Google ha i mezzi ed il denaro per mischiare le carte presentando un’offerta che possa (come nella tradizione del gruppo) imporre una forte accelerazione al settore. Ma non tutti ci credono fino in fondo. L’ipotesi è quella per cui Google possa presentarsi all’asta senza partner alcuno: forte di oltre 13 miliardi di dollari “cash”, Google può infatti partecipare senza particolari problemi a un’asta a cui avrebbe già promesso un minimo di 4.6 miliardi.
Il Washington Post non è però completamente sicuro della bontà dell’iniziativa: la forza di Google è in altri campi e nel mobile il gruppo ha ancora tutto da dimostrare. La distanza del core business dal punto di applicazione su cui i miliardi verrebbero spesi potrebbe insomma creare qualche difficoltà. Google, comunque, starebbe già cercando le armi finanziarie per coprire l’investimento e le valutazioni di opportunità potranno dunque solo essere postume.
Secondo Rich Tehrani, autore del noto VoIP Blog, sarebbero vari i punti che dimostrano le manovre di aggiramento che Google ha già messo in moto da tempo: discorsi iniziati nel WiMax e nel Femtocell, l’esperimento Android, l’interessamento potenziale per Sprint, le richieste preliminari alla FCC per imporre regole precise all’asta, ed al tutto è possibile aggiungere l’esperimento già avviato a Mountain View con la copertura tramite una rete wifi sulla città. Sprint, in particolare, potrebbe essere la chiave di volta della scommessa: un carrier in partnership significherebbe asset umani ed esperienziali tali da poter investire in infrastrutture dopo che le frequenze siano ottenute. Ma il discorso potrebbe essere più ampio, soprattutto nell’ottica di una futura tabula rasa delle frequenze anche in Europa (con il Regno Unito in pole position per seguire l’esperimento statunitense).
Entro fine gennaio le frequenze saranno licenziate e il nome del beneficiario potrà dire molto sul futuro del settore negli Stati Uniti. Se il nome ad uscirne vincitore dovesse essere Google (tra i possibili rivali sono indicati nomi quali Verizon, AT&T, Vodafone e altri ancora) c’è da attendersi un’impronta molto precisa a quel che le frequenze dei 700MHz potranno significare. Ma un’altra verità è assodata fin da oggi: tra i 698MHz e gli 806MHz sta per scatenarsi una potente guerra tra titani.