Come un moderno Re Mida, Google ha saputo in poco più di un decennio trasformare gran parte delle proprie idee in una vera fortuna, dalle ricerche online alla posta elettronica, dal software per la navigazione alle inserzioni pubblicitarie. Alcuni progetti di bigG non hanno però riscontrato il successo o la diffusione che l’azienda di Mountain View aveva pronosticato, come nel caso del social network Orkut, poco utilizzato al di fuori dei confini sudamericani, o in quello della piattaforma per la comunicazione e la collaborazione in tempo reale Wave.
Prendendo in considerazione proprio quest’ultimo caso, in seguito a una presentazione accolta con grande entusiasmo nel maggio 2009 e una fase beta ad invito protrattasi fino all’estate scorsa, Google ha poi deciso di accantonare l’idea ammettendo le proprie responsabilità. “Non è andata come avremmo voluto e l’accoglienza è stata al di sotto delle nostre aspettative” ha dichiarato l’azienda. Le 200.000 linee di codice incluse nella versione originale della piattaforma sono però ora state inserite nella sezione Incubator della Apache Software Foundation, in attesa di una definitiva adozione da parte della fondazione con il nuovo progetto open source Wave in a Box.
Ciò che era stato presentato come una vera e propria rivoluzione tecnologica, uno tsunami innovativo capace di travolgere le tradizionali forme di comunicazione e collaborazione online, non è forse del tutto perduto. Nel suo futuro potrebbero trovare posto gli sforzi di una delle più estese e attive community di sviluppatori open source, potenzialmente in grado di dar vita a tutta una serie di funzionalità fino ad oggi rimaste chiuse in un cassetto dei laboratori Google. La palla è dunque ora nelle mani della Apache Software Foundation, che già dalle prossime settimane potrebbe pronunciarsi in merito alla propria decisione.