Dopo lunghe polemiche, Pietro Paganini, il direttore (italiano) dell’EPA, un’associazione che opera a Bruxelles, ha confermato che tre colossi americani come Google, Yahoo e Microsoft ne fanno parte. Ora gli scopi di questa realtà, spesso a metà tra la difesa della privacy del cittadino e quella degli interessi delle aziende, sono più chiari.
L’European Privacy Association è stata oggetto dell’interesse di Olivier Hoedeman e del suo osservatorio europeo. Nonostante sia tra le lobby riconosciute e registrate, Commissione e Parlamento non hanno ancora visto i nomi dei membri sul Registro per la trasparenza, uno strumento dove le associazioni di questo tipo rivelano interessi, obiettivi e in caso i clienti che rappresentano.
Al contrario dell’Italia – dove la questione dei finanziatori delle fondazioni, degli organismi più o meno politici non è condotta secondo la massima trasparenza – in Belgio non si transige. L’EPA è presente nella categoria dei gruppi di riflessione, istituti di ricerca e accademici, e ha sostenuto fino a poco tempo fa di avere solo 10 membri privati, non aziendali. Salvo poi correggersi.
In un comunicato sul sito, Paganini sostiene essersi trattato solo di una svista burocratica e che l’attività dell’associazione è trasparente:
L’EPA è una piccola organizzazione che lavora prevalentemente su base volontaria. Cosa che, purtroppo, ci ha portato a tralasciare alcune questioni organizzative, certamente pertinenti.
La nostra ricerca scientifica e la policy sulla protezione dei dati è apprezzata dagli esperti di sicurezza di tutto il mondo, e ci sforziamo costantemente di migliorarla. Siamo piuttosto delusi che sia la nostra struttura organizzativa a interessare tanto, piuttosto che la nostra innovativa ricerca scientifica e la nostra politica e il Comitato Scientifico.
L’EPA sostiene di produrre documenti e ricerche professionali indipendenti di alto livello, che non rappresentano alcun interesse corporativo. Tuttavia, la denuncia del CEO (Corporate Europe Observatory) è stata depositata e verrà vagliata entro il 7 giugno. L’associazione rischia una sanzione, ma c’è la possibilità che se la cavi semplicemente aggiornando la propria descrizione presso la Commissione Europea.
In palio le nuove regole sulla privacy
Perché tanta tensione su una piccola associazione che si occupa di dati sensibili? Dietro c’è la battaglia, destinata a scoppiare entro breve nel vecchio continente, sulle nuove regole della privacy. Su un versante le associazioni per i diritti dei cittadini, come la EDRI; dall’altro quelle privatistiche, collegate più o meno chiaramente ai colossi della Rete. In realtà la contrapposizione vede un terzo protagonista, che è l’Europa stessa e le regole che si vuole dare. Basta leggere il discorso del commissario Viviane Reading sulla protezione dati e la cyber sicurezza pubblicato ieri per rendersi conto delle grosse implicazioni.
I diritti dell’utente e quelli delle aziende si trovano spesso a condividere la stessa preoccupazione verso una eccessiva regolamentazione del settore, perché può mettere a repentaglio le libertà civili fondamentali causando danni sociali ed economici, in nome di una lotta alla pirateria e al cyber crimine che causa danni per circa 300 miliardi di euro l’anno. Quando però si avvicina il momento delle decisioni politiche, si casca nell’ognun per sé: entrambi vorrebbero ammorbidire alcune parti della nuova legislazione su cui Bruxelles sta lavorando, ma in direzioni diverse.