La scadenza è fissata: 17 agosto. Entro questa data Google dovrà depositare le proprie ultime carte presso la Commissione Europea affinché l’antitrust possa pesare le argomentazioni del motore di ricerca come contrappeso alle argomentazioni di Yelp e gli altri. La questione è nota, ma a farsi spazio è stato soprattutto un quadro della situazione sempre meno organico: le parti stanno di fatto descrivendo situazioni in ogni caso veritiere, sia pur se contrapposte. E il motivo è semplice: le parti stanno mettendo sul tavolo della Commissione solo una parte del tutto, che toccherà poi all’arbitrato europeo ricomporre per poter valutare.
Le ragioni di Yelp
Le ragioni di Yelp sono state ampiamente descritte nella giornata di ieri, quando il gruppo (capofila della denuncia contro Google) ha manifestato tutto il proprio disagio nei confronti del motore di ricerca.
Secondo una ricerca commissionata dalla stessa Yelp, infatti, l’offerta sul motore non sarebbe esattamente quella auspicata dagli utenti e quindi il fatto che Google prediliga i propri servizi a quelli esterni altro non fa se non riciclare risorse e click senza far scappare l’utente dalle property di Mountain View. Con questa ricerca Yelp vorrebbe dimostrare come Google non faccia dunque l’interesse dell’utenza, ma esclusivamente il proprio.
Il fatto che la ricerca sia stata commissionata da Yelp toglie gran parte del valore alla ricerca stessa e, visti i tempi con cui viene pubblicata, sembra essere esclusivamente strumentale al convincimento dell’arbitro europeo: all’antitrust si vuol mettere in evidenza l’ostacolo che il motore di ricerca pone al cospetto della concorrenza, alla quale non vengono forniti spazi sufficienti ed equi sulle SERP.
Le ragioni di Google
Da tempo Google contrappone alle ragioni dei denuncianti quelle della realtà: se Google fosse un ostacolo così insormontabile, perché le controparti continuano a crescere? Se il fatto di favorire le soluzioni proprietarie togliesse opportunità alla concorrenza, perché Yelp continuerebbe a sfornare trimestrali di successo? «Abbiamo avuto un grandioso trimestre. Le entrate sono aumentate del 61% anno su anno, segnando il nostro decimo trimestre con una crescita superiore al 60% dalla nostra quotazione in poi»: come inquadrare queste dichiarazioni del co-fondatore di Yelp, Jeremy Stoppelman, nel contesto di un mercato che la stessa Yelp descrive come soffocato dalle strategie messe in campo da Google?
Google ha messo più volte in evidenza questo tipo di argomentazioni ricordando come tutti i siti teoricamente danneggiati dai servizi di Mountain View stiano in realtà crescendo, e tutto ciò senza che Google abbia invece fatto proprie quote di mercato monopolistiche. Anzi: in un post difensivo dello scorso mese di aprile Google ricordava che in realtà gli utenti non hanno mai avuto tanta opportunità di scelta come in questi anni, potendo contare su molte soluzioni e su di una molteplicità di punti di approdo ai propri servizi preferiti.
Due diversi punti di vista
Chi ha ragione? Probabilmente entrambi. E questo perché, semplicemente, le ragioni degli uni non si contrappongono a quelle degli altri e sarà soltanto l’antitrust europea a poterle incrociare per capire ove le normative possano indirizzare la decisione dell’authority.
Il vizio di forma delle parole di Yelp sta nel fatto che si intenda forzare la mano sulle SERP di Google ben sapendo di poter attingere ad una preziosa fonte di traffico (e quindi di ulteriori revenue). L’obiettivo è questo soltanto: migliorare la propria presenza sotto gli occhi degli utenti per far propria una fetta di mercato più ampia. In questo Google ha ragione: la ricerca online è soltanto una delle fonti di traffico disponibili, dunque l’impatto delle scelte di Mountain View sul mercato di Yelp non può essere considerato decisivo. E se non è decisivo, non può neppure essere considerato lesivo della concorrenza.
Per contro, Google ben conosce il modo in cui le proprie ragioni siano in qualche modo similari a quelle che Microsoft oppose all’antitrust europea quando dovette difendere Internet Explorer dagli attacchi di Mozilla (scatenati da Opera Software ed in seguito spalleggiati da Google e dal suo nascente Chrome): anche Microsoft sottolineava che non si poteva parlare di concorrenza illegale se Firefox e Chrome continuavano a crescere con forza ai danni di IE. Sebbene la situazione non sia chiaramente la stessa, l’impronta sembra simile e l’esito del caso precedente è noto.
Google vuole sminuire il ruolo della ricerca, nella quale gode di posizione egemone, per derubricare l’ipotetica concorrenza sleale a semplice scelta di opportunità nella composizione delle SERP. Yelp, per contro, argomenta con dubbie analisi la propria acredine nei confronti di un motore di ricerca che sfrutta il proprio quasi-monopolio nella ricerca per offrire risposte definite “migliori”, ma sulla cui bontà vi sono gli strali della concorrenza. Secondo Google la ricerca non è componente determinante del traffico e non incide dunque in modo determinante sulla concorrenzialità; Yelp non è d’accordo e vede minate le proprie possibilità di crescita.
La parola all’UE
L’antitrust europea dovrà decidere sulla base di un semplice fatto: nelle sue scelte strategiche per la composizione delle SERP, Google sfrutta la propria posizione dominante per ottenere indebitamente quote di utenza in mercati paralleli (come quello delle mappe, o dello shopping online, o delle prenotazioni di viaggi, o altro ancora)? Se l’egemonia nella ricerca online è stata guadagnata grazie alla qualità del proprio servizio, Google può dire lo stesso anche in altri mercati nei quali sta cercando di mettere un piede? E le argomentazioni di una concorrenza in costante crescita, per contro, possono essere credibili? È vera ostruzione alla concorrenza, insomma, quando la concorrenza in realtà continua a segnare ritmi di crescita a doppia cifra?
La questione si dovrà chiudere entro il 17 dicembre, dopodiché sarà tutto nelle mani della Commissione Europea. La quale avrà un ruolo fondamentale nel dirimere le sorti del mercato online degli anni a venire: una vicenda che dura ormai da anni sta per arrivare a sentenza e, qualunque sia la decisione, inciderà a fondo sulle possibilità di Google di agire secondo le proprie strategie o all’interno di nuovi paletti che la sentenza stessa andrà a posizionare.