Si dice action camera e si pensa alle GoPro. È il marchio che più di ogni altro ha contribuito alla diffusione sul mercato di videocamere dalle dimensioni compatte, racchiuse all’interno di una scocca robusta, resistente all’acqua e in grado di operare in ogni condizione atmosferica, sopportando anche urti, cadute e violente sollecitazioni. Prodotti adatti agli sportivi, da montare sul casco, sul manubrio e persino da indossare. Le cose, però, nell’ultimo periodo non sono andate bene come in passato.
È così che si è aperto un momento di crisi. Per uscirne prima la decisione di realizzare meno modelli, poi quella di abbracciare l’universo dei droni con il lancio del quadcopter Karma per le riprese aeree, purtroppo affetto da un grave problema che ne ha decretato il richiamo. Insomma, l’azienda ha bisogno di superare l’impasse e, per farlo, ha optato per il metodo più drastico e brutale al fine di contenere le spese operative: sarà licenziato il 15% della forza lavoro. Con il nuovo anno, 200 dipendenti di GoPro dovranno cercare un nuovo impiego, altrove. Attraverso questa e altre iniziative che verranno messe in campo, l’obiettivo dichiarato dal CEO Nick Woodman è quello di risparmiare, nel 2017, un totale pari a 650 milioni di dollari.
Il presidente Tony Bates lascerà il proprio ruolo alla fine di dicembre e in un comunicato ufficiale sottolinea come l’attuale leadership sia impegnata a garantire la profittabilità del core business aziendale. La strada intrapresa sembra essere quella giusta: nel corso degli ultimi dodici mesi le vendite effettuate attraverso la rete di negozianti statunitensi sono aumentate del 35%. La crisi di GoPro è legata a diversi fattori, uno dei quali costituito dalle sempre più evolute capacità di registrazione video degli smartphone. La società si trova dunque a dover convincere i potenziali acquirenti che comprare una action camera è ancora conveniente e che offre vantaggi concreti.