Il filtro che la Cina si diceva avrebbe imposto a tutti i computer distribuiti nel paese a partire dal 1 Luglio, sarà soltanto facoltativo. Cade pertanto un muro che tutto il mondo stava guardando con un certo timore: il paese orientale sembrava infatti determinato nell’imporre uno specifico software (battezzato “Green Dam – Youth Escort”) a tutti i computer cinesi, così da stringere ulteriormente le maglie della censura attorno agli utenti, il tutto nel nome della salvaguardia della pubblica morale dalle minacce della pornografia. A distanza di pochi giorni e molti allarmi, però, la Cina ha dovuto desistere ed è ora dal China Daily che si apprende della decisione: ogni utente potrà decidere in autonomia se installare Green Dam.
La nota giunge per via non ufficiale da una fonte anonima interna al Ministry of Industry and Information Technology (MIIT): «Ai produttori di PC sarà soltanto richiesto di archiviare il file di setup del programma all’interno dell hard disk del computer, o allegare al prodotto un CD ROM contenente il programma». Non una installazione OEM obbligata, quindi, ma soltanto una fornitura che saranno poi i singoli utenti a poter valutare. Il tutto, secondo il Governo centrale, al fine unico di difendere l’utenza più giovane da immagini e siti con contenuti pornografici. Da qualche ora è dimostrato, però, che le motivazioni vanno oltre i soli intenti dichiarati.
Alcuni ricercatori dell’Università del Michigan, infatti, avrebbero analizzato il comportamento di Green Dam notando come ad essere bloccate sarebbero anche alcune parole che potrebbero generare problemi di natura politica. Il tutto è dunque meno limpido di quanto non si voglia far apparire, ma non finisce qui: il software sarebbe anche macchiato da una lunga serie di gravi vulnerabilità. Le istituzioni cinesi hanno però una parola di negazione per tutto: «Siamo a conoscenza dei problemi di sicurezza del software ed ai nostri sviluppatori è stato detto di affrettarsi al fine di sviluppare una patch che risolva tali problemi. È perfettamente normale per un filtro per Internet avere qualche vulnerabilità». Inoltre: «Le parole nella blacklist non sono state indicate dal Governo».
In ogni caso, però, la natura delle scelte sembra avere origine dall’alto, ove l’azienda produttrice (Zhenzhou Jinhui Computer System Co. Ltd) è stata scelta e dove son partite le indicazioni di sviluppo per Green Dam. Il software sarà gratuito per gli utenti, mentre per il Governo ha determinato un costo da 4.4 milioni di euro (41.7 milioni di yuan).
Ma il pasticcio relativo a Green Dam non finisce qui. Parte del codice, infatti, sarebbe stato letteralmente rubata in quanto disponibile sotto licenza open source ed adottata senza attribuzione alcuna dalle aziende operanti per il Governo cinese. Nel mirino, in particolare, l’uso del software OpenCV per il riconoscimento dei volti senza che ne venga riportata la licenza BSD. Censorio, vulnerabile, rubato: Green Dam rappresenta l’ennesima pagina nera del web cinese sebbene temporaneamente affondata dalle critiche che la comunità internazionale ha immediatamente sollevato sul caso.