Il Comando Provinciale di Bergamo della Guardia di Finanza ha comunicato di aver agito con un ennesimo provvedimento di blocco per alcuni importanti portali internazionali della pirateria online. Occorre ricordare come tali siti non possano essere effettivamente “bloccati”, ma soltanto inibiti all’accesso tramite appositi filtri imposti ai DNS in uso dalla maggior parte degli utenti (poiché forniti dai provider nazionali).
Tra i siti oggetto dell’azione vengono segnalati la Pirate Bay (da tempo comunque oggetto dell’ostruzionismo dei provvedimenti di blocco) oltre a nomi quali 1337x.org, h33t.eu, extratorrent.com e torrenthound.com). I siti inibili con provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, spiega la Guardia di Finanza, «consentivano la distribuzione e la condivisione gratuita in Italia, attraverso la formula peer to peer “Bit Torrent”, di file contenenti, principalmente, musica, film, serie televisive, software, videogiochi. In sostanza, attraverso i domini in parola si accedeva ad un database online, il più delle volte suddiviso per aree tematiche (musica, film, software, videogiochi, ebook, app ecc.), nel quale sono presenti, complessivamente, ben 15 milioni di file torrent».
Il filtro alle attività pirata tramite azione sui DNS ha dimostrato nel tempo effetti benefici per la lotta contro la pirateria poiché consente di agire in modo massimo per rendere più difficile la reperibilità delle fonti principali di smistamento dei torrent. Allo stesso modo sembra aver avuto qualche (opinabile) effetto benefico il filtro imposto ai motori di ricerca, Google in primis. La guerra ai pirati sembra comunque ancora una lotta tra guardia e ladri che non trova una soluzione definitiva, ma che alcuni dati sembrano mettere sempre di più sotto la luce differente di un problema di reperibilità legale dei contenuti, aspetto che sembra fungere da deterrente migliore alle ricerche di canali illegali in rete.
In Italia la lotta alla pirateria sta vivendo anche un problema ulteriore: l’AGCOM sta cercando da anni l’approvazione di un regolamento che affiderebbe all’Authority un ruolo di “sceriffo della rete” tramite il quale imporre con più rapidità e maggior efficacia filtri mirati alla navigazione online. Tale azione è però ferocemente contestata poiché avrebbe effetti deleteri sulla libertà di espressione, portando un potere troppo ampio nelle mani di un ente garante che andrebbe ad agire con fare preventivo, scavalcando la magistratura nelle sue funzioni di indagine e sanzione.