Riusciremo un giorno a liberarci di Alexie ammiccanti, improbabili proposte
finanziarie made in Nigeria e pillolette miracolose? Se non nella vita reale,
sarebbe auspicabile una svolta almeno per la nostra casella di posta elettronica.
Complici virus alla SoBig, i primi giorni di settembre hanno infatti
riproposto ovunque l’emergere di un’idea (forse solo una speranza) che potremmo
etichettare come "E-mail ecologica". La sensazione dominante è
che si sia ampiamente varcata la soglia della decenza e molti si chiedono se
lo spam non stia trasformando l’e-mail in uno strumento pressocché inservibile.
Molte le notizie da riportare.
La prima è partita dall’Italia ed è rimbalzata su diversi siti
stranieri
la ripresa della BBC). Giornalisticamente il boccone era succulento. Carcere
per chi spamma: questa la sintesi più ricorrente del comunicato
del Garante datato 3 settembre. E le parole sembrano in effetti molto chiare:
"Inviare e-mail pubblicitarie senza il consenso del destinatario è
vietato dalla legge. Se questa attività, specie se sistematica, è
effettuata a fini di profitto si viola anche una norma penale e il fatto può
essere denunciato all’autorità giudiziaria. Sono previste varie
sanzioni e, nei casi più gravi, la reclusione". A ben guadare, però,
il comunicato non fa altro che ribadire precedenti prese di posizione sul tema
da parte del Garante, limitandosi a chiarire ed evidenziare il profilo penale
della questione, con tanto di quantificazione per multe e pene detentive. I
sette punti contenuti nel comunicato sono in pratica una sintesi di quelli enunciati
nel Provvedimento
Generale sullo spamming pubblicato dall’Autorità il 29 maggio scorso.
A mancare è invece l’ottavo punto del Provvedimento, quello che sancisce
l’impotenza della legge italiana di fronte alla posta proveniente da paesi extra-comunitari.
Come giustamente sottolinea Manlio Cammarata in un articolo
su InterLex, "il problema è che buona parte della spazzatura che
appesta le nostre caselle è inviata da soggetti stabiliti all’estero,
ai quali le disposizioni italiane e comunitarie non possono essere applicate".
La cooperazione internazionale, dunque, sembra essere una delle vie percorribili
per arginare l’invasione di spazzatura digitale. Uno dei paesi in cui si concentrano
le attività di centinaia di spammer professionisti, per lo più
americani, è per esempio la Cina. Secondo quanto riportato da ZDNet,
la Internet Society of China ha bloccato 127 server che infestavano le mailbox
di migliaia di utenti in tutto il mondo. Per ora il blocco riguarda la posta
in arrivo in Cina, ma molti sperano che sia l’inizio di una strategia più
restrittiva da parte delle autorità.
In uno scenario di perdite (finanziarie per le aziende, di pazienza per l’utente
comune) gli unici guadagni sembrano essere quelli, promettenti, per le aziende
impegnate nella produzione di soluzioni antispam. Ricordiamo che tali soluzioni
sono attualmente di due tipi, potendo agire sul lato server o a livello di client.
In entrambi i casi, le strategie di eliminazione dello spam si basano o sull’individuazione
del mittente o sull’analisi del contenuto dei messaggi per mezzo di particolari
e complessi algoritmi. Le cifre riportate in un articolo
di Wired sono davvero interessanti. Secondo una stima del Radicati Group, il
fatturato dei prodotti antispam dovrebbe passare da 653 milioni a 2,4 miliardi
di dollari da qui al 2007. Quelli che fino a poco tempo fa potevano considerarsi
software di nicchia, potrebbero infatti divenire corredo abituale di ogni PC.
E’ quello che forse hanno pensato in casa Symantec. Nel giorno dell’update alle
versioni 2004 delle due suites, SystemWorks e Internet Security, è stata
infatti annunciata la prossima
uscita di Norton AntiSpam 2004. Il programma tenterà di divenire
la principale diga antispam per i client di posta più diffusi, Outlook,
Outlook Express ed Eudora. Disponibile da metà settembre al costo di
$39.95.