Pittsburgh, in Pennsylvania, è stata la prima città in cui Uber ha potuto sperimentare e mettere alla prova la propria tecnologia dedicata alla guida autonoma. Lì hanno preso il via i test dei veicoli su strade pubbliche, ma a quanto pare l’idillio tra le due parti sembra essere giunto a un punto critico: ne parla il New York Times in un articolo in cui vengono elencate le difficoltà emerse.
Vengono citate alcune promesse non mantenute da parte del colosso del ride sharing, come la prospettiva di offrire viaggi gratuiti alla cittadinanza a bordo delle self-driving car, ma soprattutto il supporto economico a un piano di investimenti federale da 50 milioni di dollari indirizzato alle infrastrutture dei trasporti e l’assunzione di personale locale da impiegare nel test track di Uber. Una situazione che si è fatta via via sempre più tesa anche in considerazione del fatto che a breve la popolazione sarà chiamata alle urne per scegliere un nuovo primo cittadino e che all’attuale sindaco Bill Peduto viene imputata la responsabilità di non aver messo nero su bianco gli accordi in questione.
Dal canto suo, l’azienda replica alle critiche dichiarando di aver creato 675 posti di lavoro nell’area e di aver supportato le organizzazioni locali. La testimonianza fornita al New York Times da un pastore della zona sembra però smentire la prima affermazione: egli stesso avrebbe fornito a Uber un elenco di potenziali candidati per le assunzioni nella struttura, ricevendo in risposta un invito a inoltrare le richieste attraverso il portale ufficiale di Uber per le posizioni aperte. Il gruppo di Kalanick sottolinea inoltre di essere sempre stato disposto a siglare un accordo ufficiale con la città di Pittsburgh, ma di non aver mai ricevuto una proposta dalle autorità.
È l’ennesima questione spinosa per la società, che restando in tema di guida autonoma già deve affrontare una causa legale intentata da Waymo per la presunta sottrazione di tecnologie da parte di un ex dipendente.