Tra le realtà che stanno investendo con decisione le proprie risorse sulle tecnologie dedicate alla guida autonoma c’è anche Uber. Secondo Travis Kalanick, CEO del gruppo, si tratta di una decisione obbligata, che si è resa necessaria per farsi trovare pronti all’avvento delle prossime innovazioni che riguarderanno l’universo dei trasporti, sia nell’ambito privato che in quello pubblico.
Il suo intervento in occasione del Vanity Fair New Establishment Summit andato in scena a San Francisco chiarisce la visione dell’azienda Uber su tutto ciò che riguarda i sistemi di self-driving. Anzitutto, Kalanick ritiene che questo tipo di vetture non causeranno la perdita del posto di lavoro per milioni di persone che oggi svolgono il ruolo di conducenti (tassisti, autotrasportatori ecc.), come invece previsto da alcuni economisti e analisti. Almeno non nel breve periodo.
Si fa esplicito riferimento anche all’impiego di mezzi pesanti gestiti da un sistema hi-tech di bordo, come nel caso di quelli messi a punto da Otto, una startup acquisita nel mese di agosto da Uber e impegnata proprio nel portare la tecnologia di guida autonoma sui camion per la movimentazione delle merci.
Penso che le persone non abbiano capito come questa tecnologia verrà distribuita. Servirà del tempo prima che tutti quei camion a guida autonoma possano viaggiare ovunque.
Questo senza considerare che, affinché possano circolare sulle strade pubbliche veicoli gestiti da un insieme di hardware e software, sarà necessaria una riforma normativa. Alcuni territori, come quello di Chicago, hanno già espresso il loro parere contrario. Ancora, gli attuali sistemi non sono in grado di gestire in maniera pienamente affidabile la guida in situazioni avverse come in occasione di forti piogge, con visibilità ridotta o sulla neve, rendendo di fatto necessaria la presenza a bordo di un conducente in carne ed ossa per garantire un livello di sicurezza adeguato.