Si immagini di essere ricoverati in ospedale, dopo essere stati sottoposti a un’operazione. Le forze scarseggiano e anche le più banali operazioni quotidiane come l’apertura delle imposte, la regolazione della temperatura o l’accensione delle luci nella stanza possono sembrare ostacoli insormontabili, impossibili da portare a termine senza ricorrere a un aiuto esterno. L’intelligenza artificiale potrà costituire un valido alleato in situazioni di questo tipo.
È la finalità del progetto messo in campo da IBM in collaborazione con Harman (gruppo specializzato in soluzioni audio di recente acquisito da Samsung), basata sull’impiego del supercomputer Watson. Cinque stanze del Thomas Jefferson University Hospital di Philadelphia sono state equipaggiate con un sistema che permette ai pazienti di interagire, tramite comandi vocali, con uno smart speaker, del tutto simile ad Amazon Echo o Google Home, ma ottenuto modificando e riprogrammando ad hoc un altoparlante
JBL Horizon così che possa interpretare la voce dell’utente e a sua volta impartire comandi al termostato o agli attuatori posizionati sulla finestra, nonché sull’impianto di illuminazione e così via.
Un progetto sperimentale, al momento, che però nasconde grandi potenzialità: basti pensare che, secondo le statistiche, il personale medico trascorre circa il 10% del proprio tempo rispondendo alle domande delle persone ospedalizzate in merito a questioni come il cibo, le loro credenziali e gli orari delle visite. Tutte informazioni che potrebbero essere fornite da uno smart speaker, da attivare pronunciando una semplice keyword come “Hey Watson” o tramite la pressione di un pulsante, consentendo così agli addetti ai lavori di destinare il loro impegno esclusivamente alla cura dei degenti.
Al momento la fase di test non necessita di alcuna approvazione, poiché non va a gestire dati personali o estrapolati dalla diagnosi né dalle cartelle cliniche. In quel caso la pratica dovrà essere regolamentata in modo da garantire il pieno rispetto della privacy.