Ora la sonda giapponese Hayabusa 2 fa sul serio: ha “bombardato” l’asteroide Ryugu per creare un cratere dall’impatto, largo circa 10 metri. Dopo aver viaggiato per 300 milioni di chilometri ed essere scesa nei giorni scorsi, ha rilasciato un dispositivo a forma di cono da un’altezza di 500 metri, un ordigno però programmato per esplodere dopo 40 minuti dal rilascio.
Il tempo per Hayabusa 2 per allontanarsi, chiaramente per evitare totalmente qualsiasi danneggiamento a causa dei detriti dell’esplosione. Prima di allontanarsi ha però lasciato sul sito un robot con telecamera per riprendere la detonazione e trasmettere il risultato. Le immagini inviate dal robot mostrano i detriti scagliati nello spazio, quindi l’esplosione è avvenuta come previsto. “Questo è il primo esperimento al mondo di collisione con un asteroide! In futuro, esamineremo il cratere che si è formato e il modo in cui i detriti si sono diffusi nello spazio“, ha riportato l’Agenzia spaziale giapponese JAXA su Twitter.
[SCI] The deployable camera, DCAM3, successfully photographed the ejector from when the SCI collided with Ryugu’s surface. This is the world’s first collision experiment with an asteroid! In the future, we will examine the crater formed and how the ejector dispersed. pic.twitter.com/eLm6ztM4VX
— HAYABUSA2@JAXA (@haya2e_jaxa) April 5, 2019
Passeranno due settimane prima che la sonda ritorni in posizione nei pressi dell’asteroide, dopo che tutti i detriti si saranno depositati. Raccoglierà poi campioni del sottosuolo non esposti alle radiazioni solari, ai raggi cosmici e agli sbalzi estremi di temperatura. La missione principale di Hayabusa 2 è infatti studiare l’asteroide per comprendere la sua storia e quindi anche quella della Terra. Con questa azione si è cercato quindi di far sollevare frammenti del suolo, così la sonda può catturare le polveri e portarle sulla Terra per essere analizzate.
La sonda preleverà il campione di detriti con un braccio robotico e rientrerà sulla Terra nel 2020. Si tratta di una missione molto importante anche per l’Italia, perché la sonda è dotata di una bussola stellare, il sensore Star Tracker, prodotto da Leonardo a Campi Bisenzio, a Firenze. Questa è in grado di calcolare dieci volte in un secondo l’orientamento della sonda.