Il segretario di stato USA Hillary Clinton invoca nuovi standard per Internet, qualcosa che sappia mettere tutto il mondo sullo stesso piano imponendo regole minime da rispettare per fare in modo che la Rete possa essere ovunque il veicolo della libertà d’espressione per il popolo. Ma il discorso della Clinton alla George Washington University è complesso, va oltre una superficiale richiesta di libertà ed affronta più a fondo l’argomento anche dal punto di vista del rapporto tra la Rete e l’occidente.
Gli Stati Uniti, infatti, sono stati messi a dura prova dalla recente fuga di notizie che ha reso celebre in tutto il mondo Wikileaks. Hillary Clinton non nega la questione e la affronta di petto partendo dall’assunto per cui Internet non è il fine ultimo di ogni cosa, ma è invece uno strumento e come tale tanto prezioso quanto pericoloso. Nel caso degli Stati Uniti il pericolo sarebbe stato evidente perché, spiega il segretario di stato, il Cablegate avrebbe messo in pericolo persone ed equilibri istituzionali.
Internet non è sempre e comunque un bene e, così come può farsi promotore di libertà, può essere altresì veicolo di censura e di controllo delle masse. I riferimenti internazionali sono evidenti: così come in Cina il potere centrale ha usato spesso e volentieri la Rete per veicolare opinioni e tracciare l’attività dei dissidenti, in Egitto è invece stata proprio la Rete a favorire l’organizzazione dei rivoltosi ed a unire la protesta di piazza contro Mubarak.
La Clinton cita l’Iran come uno degli ultimi casi esemplari: nel paese la Rete è stata più volte fermata per raffreddare le polemiche contro i vertici governativi, ma questo non sarebbe il problema vero, quanto piuttosto una semplice espressione dello stesso. «L’Iran non è terribile perché le autorità hanno usato Facebook per catturare i membri dell’opposizione, ma è terribile perché vi è un governo che viola sistematicamente i diritti del suo popolo».
La Rete va pertanto svincolata da questi limiti e dall’umore dei governi: Internet necessita di regole internazionali a cui ogni paese debba adeguarsi in virtù di una normale necessità di rispetto dei diritti umani.