La trimestrale Hewlett Packard passa alle cronache con toni grigi, senza acuti e senza cadute eccessivamente pesanti. Trattasi però di un bilancio importante, perché HP è e rimane il numero uno tra i produttori hardware al mondo (peraltro coinvolto nei giorni scorsi in un richiamo alla casa madre di decine di migliaia di batterie difettose). Il gruppo chiude il trimestre con vendite in calo, profitti in ribasso, prospettive tiepide, ma raccogliendo tutto sommato quanto atteso dagli analisti. Per questo motivo la borsa risponde in modo sostanzialmente freddo alle comunicazioni dell’azienda, chiudendo le trattative after-hour in leggero rialzo e senza le temibili reazioni emotive che Wall Street continua a sperimentare ogni singolo giorno.
I profitti del gruppo sono scesi a 1.7 miliardi di dollari contro i 2.1 dell’anno precedente, chiudendo pertanto a -17% anno su anno. La società di Palo Alto sposa pertanto quasi perfettamente le ipotesi degli analisti, le quali vengono arricchite di considerazioni relative ad alcune cause in corso e tali da pesare per 2 centesimi per azione sul valore diluito dei margini di profitto. Le entrate complessive del gruppo ammontano a 27.4 miliardi, in calo del 3% rispetto ai 28.3 miliardi dell’anno precedente. Il calo proiettato sull’intero anno è pari al 4/5%, anche se HP sottolinea come le fluttuazioni del cambio abbiano inciso parecchio su quest’ultima valutazione al di là dell’andamento del mercato.
Il mercato HP si basa in larga misura sulle vendite di personal computer e stampanti. Se il primo comparto è riuscito addirittura a guadagnare piccole posizioni, il secondo ha invece visto cadere del 31% gli acquisti, il che va a fare il paio con la caduta della distribuzione lato server. Ciò nonostante una politica di taglio dei costi avviata da tempo (e rappresentata in larga misura da migliaia di tagli al personale) ha mantenuto in equilibrio entrate ed uscite, ed è così che HP può uscire dalla trimestrale sostanzialmente illesa.
A poche ore dal comunicato, inoltre, il nome HP era già sotto osservazione in seguito a comunicato Microsoft che mette i due gruppi uno affianco all’altro negli investimenti per la “Unified Communications” concepita a Redmond. La partnership metterà in ballo 180 milioni di dollari per lo sviluppo di nuove soluzioni hardware e software con l’intenzione di dare «flessibilità e controllo agli utenti che hanno bisogno di gestire le proprie infrastrutture di comunicazione in modo efficiente». L’alleanza sembra nascere con piani molto precisi e soprattutto con una serie di prodotti già dettagliati nel manifesto programmatico reso ufficiale.