Il 17% delle revenue hardware di Apple, ovvero ottenute dalla vendita di iPhone, iPad e dispositivi vari, proviene dalla Cina. La Cina è quel paese da cui proviene Huawei. Se la matematica delle strategie di stato non ci inganna, vietare a Huawei di svolgere il suo business con i partner americani, potrebbe portare Pechino a vietare la commercializzazione dei prodotti di Apple, che nel panorama di riferimento tech, è la società che meglio incarna l’imprenditorialità a stelle e strisce.
Se battaglia deve essere, lo sarà in grande stile. L’ossigenatissimo Donald Trump forse non immagina nemmeno la miccia che sta accendendo, giorno dopo giorno. Lungi da me difendere a spada tratta un colosso che comunque qualche collisione con il governo che lo finanzia ce l’ha, ma se il dialogo non è più un’alternativa, allora prepariamoci al peggio.
Del resto, lo ha spiegato qualche giorno fa Goldman Sachs, secondo cui la prima mossa della Cina, qualora dopo i 90 giorni di tregua, Huawei e il Dipartimento del Commercio USA non dovessero giungere ad un accordo, sarà bannare Apple da ogni dove sul fronte nazionale.
Ma non ci sarebbe di mezzo solo la diffusione in sé e per sé dei telefonini finiti e inscatolati. Il 17% è il tetto massimo che la Mela è riuscita a ricavare dalle spedizioni ma ce n’è un altro 29% che riguarda la percentuale di manodopera cinese negli iPhone, iPad, Watch, Mac e gli altri gadget col marchio di Cupertino. Ritrovarsi senza partner nei dintorni di Pechino, vorrebbe dire fare a meno di una forza lavoro molto ampia, capace di mettere in difficoltà persino un gigante del genere.
Se non ci ricorderemo di Donald Trump per le sue attività di diplomazia, sicuramente lo faremo per come ha dato il via ad una crisi estera ma anche interna. Come consumatori, il meglio che possiamo sperare è che gli Stati Uniti e la Cina finiscano presto di farsi la guerra, altrimenti questa diatriba commerciale potrebbe avere un effetto negativo su tutto il panorama tecnologico mondiale.
Dal cappello abbiamo estratto Apple ma è evidente che ci sono centinaia di altre compagnie americane su cui si potrebbe rivalere la Cina, attuando un embargo allargato, proprio come quello seguente all’ordine esecutivo da parte degli States. E a quel punto, avremmo anche un risvolto della medaglia: mettendole su una ipotetica bilancia, quante sono le società americane che si affidano ad una catena di produzione cinese e quante, viceversa, quelle cinesi che vantano una fornitura di elementi da brand statunitensi?
Mi viene da pensare che, alla fine, una chiusura dei rapporti possa far male più al popolo USA che al cinese, e quindi anche a quello europeo, specchio diretto delle tecnologie che provengono, spesso, oltreoceano. Senza prove determinanti dello spionaggio di Huawei, quanto peserà questo muro contro muro?
E allora…#buongiornounCaffo