Un’altra settimana tumultuosa quella che si è conclusa da poco per Huawei. Nell’ultima ondata, la compagnia di Shenzen ha iniziato a tagliare le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, in senso tecnico. Il personale americano che lavora alla divisione Ricerca&Sviluppo nel quartier generale di Shenzhen è stato rispedito a casa, mentre allo staff cinese ancora negli States è stato chiesto di staccare ogni comunicazione con i contatti autoctoni.
Allo staff di Huawei è stato anche detto di limitare le discussioni con gli stranieri nei numerosi viaggi stampa che l’azienda svolge ogni anno. Parte del problema è che, quando si ha un attore come Donald Trump, è molto difficile prevedere cosa succederà in seguito. Di conseguenza, Huawei ha pensato bene di agire in via preventiva, chiudendosi a sua volta alle possibili interferenze causate dalle rimostranza del Dipartimento del Commercio Usa.
Nel frattempo, qualcosa torna a schiarirsi nel panorama più strettamente consumer. Il Mate 20 Pro, sul fine settimana, è tornato nel programma Android Q Beta, come effetto del congelamento del decreto esecutivo firmato da Trump per 90 giorni. Sta di fatto che Huawei continua a pianificare il suo futuro, libero dalle catene degli oppressori americani, ma non è semplice. Anche l’IEEE ha aggiunto il nome della compagnia tra quelle indesiderate, ossia non abilitate a modificare i documenti di ricerca online.
Nei prossimi giorni, Trump incontrerà il premier inglese uscente May, anche per discutere del possibile ban della rete 5G del gigante cinese dall’infrastruttura del Regno Unito. A differenza degli Stati Uniti, nonostante alcune nette prese di posizioni in Europa, nessuno stato ha vietato ufficialmente i prodotti del gruppo, rinviando tutto ad analisi approfondite e basate su evidenze più concrete di quelle nelle mani di Washington.