Huawei e Voicewise, start-up dell’Università di Roma Tor Vergata, sono le promotrici del progetto di ricerca dei biomarcatori della voce per individuare l’infezione da Covid-19. Il progetto ha alla base l’intelligenza artificiale e nasce dall’idea di risalire ad eventuali contagi da coronavirus attraverso l’analisi di campioni di voce. Tramite la stessa indagine, inoltre, si può risalire al livello di gravità dell’infezione e monitorarne il decorso anche nei pazienti in isolamento domiciliare o quelli dimessi dagli ospedali in seguito a guarigione.
Coronavirus: diagnosi a distanza con la voce
La sperimentazione è già partita presso l’ospedale dei Castelli di Roma, il parco tecnologico Technoscience di Latina e il policlinico fondazione San Matteo di Pavia, con Huawei che ha fornito già tablet e smartphone necessari per la sperimentazione. Tramite questi dispositivi (sono stati scelti quelli di ultimissima generazione del colosso cinese) e l’app sviluppata da Voicewise, infatti, si possono registrare le voci dei pazienti da remoto, senza contatto diretto.
“La sperimentazione di Voicewise – recita la nota ufficiale di Huawei – è iniziata nel 2009 grazie all’iniziativa di Giovanni Saggio, professore di ingegneria elettronica presso l’Università di Roma Tor Vergata, che per primo ha immaginato di sfruttare un algoritmo di intelligenza artificiale per analizzare le alterazioni della voce a fini diagnostici. L’algoritmo è capace di evidenziare oggettivamente anche minimali variazioni della voce sia nel caso di malattie degli organi interni che di malattie neurodegenerative relativamente alle quali sono stati registrati livelli di accuratezza tra il 95% e il 98%. Oltre ad anticipare la diagnosi – aggiunge il comunicato – questo sistema può anche tenere traccia dell’evoluzione della malattia, valutare l’efficacia della terapia quotidianamente e supportare la valutazione della somministrazione e del dosaggio dei farmaci”.
Insomma, una risposta nuova alla pandemia, con la quale dovremo convivere ancora per diversi mesi. L’impegno di Huawei e Voicewise è in questo senso encomiabile. Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia, sottolinea come la sua azienda sia “impegnata da sempre nella ricerca e sviluppo al fine di creare attraverso l’innovazione tecnologica un mondo più intelligente e connesso di cui possano beneficiare tutti. Crediamo che in questo momento la trasformazione digitale del nostro Paese, specialmente nel settore sanitario, sia di cruciale importanza e più che mai la collaborazione tra il mondo accademico e quello privato può contribuire a sostenere ed accelerare questo necessario processo”.
Il Ceo della start-up e spin-off dell’Università di Roma Tor Vergata, Maria Tavasci, si è detta molto felice “di aver trovato un partner come Huawei a supportarci in questa importante sperimentazione che potrebbe segnare una svolta nella diagnosi non solo di infezioni come il Covid19 ma anche di numerose altre patologie. L’utilizzo dello smartphone quale strumento quotidiano di prevenzione, diagnostica e promozione della salute, insieme al monitoraggio continuo delle patologie, ci hanno consentito di ‘disegnare’ una soluzione non invasiva e a costi bassissimi, che coniuga la qualità e l’accuratezza della ricerca medica con i vantaggi della tecnologia di massa”.