I gemelli Winklevoss, coloro i quali hanno contestato a Mark Zuckerberg la titolarità dell’idea “Facebook”, non ci stanno: la precedente sentenza che ha offerto loro 65 milioni di dollari non è adeguata poiché si sarebbe basata su una quotazione del social network non idonea e basata su cifre non in linea con il valore reale del gruppo.
I Winklevoss hanno fatto sapere già da tempo di non voler accettare la sentenza, ma ora muovono un passo ulteriore: siccome il nono circuito della Corte di Appello ha rifiutato la loro richiesta di essere ascoltati sul caso, i gemelli hanno comunicato l’intenzione di ricorrere alla Corte Suprema per rivendicare i propri diritti. La contestazione verte sul fatto che parte del risarcimento è stato computato in azioni, il cui valore è però oggetto di discussione. Facebook ha infatti attribuito una propria valutazione alle azioni, ma l’incredibile ascesa del network rende tale valore opinabile ed estremamente cangiante, peraltro non fotografabile in una transazione effettiva o in una quotazione in Borsa.
Co-protagonisti con Mark Zuckerberg del film “The Facebook”, i gemelli Winklevoss avevano a suo tempo chiesto collaborazione a Zuckerberg per la realizzazione di un social network. Zuckerberg nel frattempo stava già lavorando alla propria idea e quando Facebook è diventato il grande fenomeno che tutti oggi conoscono la porta dei tribunali si è aperta per accogliere le vertenze di chi ne contesta parte della proprietà. I Winklevoss a loro volta debbono però difendersi dalle accuse di chi, soltanto nei giorni scorsi, ha depositato una omologa denuncia chiedendo parte del risarcimento che i due fratelli otterranno da Zuckerberg.
Oggi Facebook è valutato decine di miliardi di dollari, ma ai tempi della sentenza che ha accordato 65 milioni di risarcimenti il valore dichiarato era di molto inferiore. La diatriba proseguirà su questo canovaccio, ma potrebbe fermarsi con tanto di titoli di coda nel caso in cui la Corte Suprema non accettasse l’ennesimo appello firmato Winklevoss.