I videogiochi come mezzo di aggregazione, come strumento per socializzare e stimolare l’impegno civile. Sono le conclusioni a cui giunge una ricerca (pdf) condotta da Pew Internet & American Life Project su 1102 ragazzi americani tra i 12 e i 17 anni e intitolata ‘Teens, Video Games, and Civics’. Lo studio sembra quindi definitivamente spezzare il consueto binomio videogiochi-emarginazione sociale, considerando, al contrario, il giovane videogiocatore una sorta di ‘animale sociale’, che sfrutta il mezzo elettronico per stare con gli amici e socializzare.
Ben il 97% dei giovani si dedica ai videogiochi su base regolare, senza troppa distinzione tra sesso, razza ed estrazione sociale, usufruendo di computer, console e telefoni cellulari. Se tale attività riguarda la quasi totalità della popolazione maschile (99%), anche la controparte femminile sembra non disdegnare affatto tale tipologia di intrattenimento, con una percentuale che arriva al 94%. La ricerca evidenzia una forte diversificazione nei gusti dei giovani giocatori, nonostante risultino generalmente più apprezzati i giochi di corsa, puzzle, sport, azione e avventura. Tra i titoli più gettonati, appaiono “Guitar Hero”, “Halo 3”, “Madden NFL” e “Dance Dance Revolution”.
Abitudini e gusti a parte, ciò che emerge con maggior vigore dalla ricerca è l’aspetto sociale dei videogiochi: «[lo studio] mostra come i giocatori siano delle persone sociali, che comunicano, che trascorrono il loro tempo faccia a faccia come qualunque altro ragazzo», spiega Amanda Lenhart, senior researcher a Pew. L’interazione tra i partecipanti al gioco incorpora infatti numerosi aspetti della vita sociale e anche politica, e si può estendere anche al di fuori del contesto meramente fisico attraverso gruppi di discussione o siti Web: «i giovani che prendono parte all’interazione sociale di un gioco, ad esempio commentando su siti Web o su gruppi di discussione, sono più impegnati a livello civile e politico», dichiara Lenhart all’interno della ricerca.
Si tratta di un fenomeno che necessita di ulteriori ricerche per essere compreso appieno; Mimi Ito, antropologo che studia i nuovi media, azzarda comunque una spiegazione: «il gioco è il motivo per stare assieme, ma molto probabilmente i ragazzi parlano anche di altro tra di loro». In conclusione, secondo Ito, sarebbe bene che i genitori accantonassero i vecchi stereotipi negativi suoi videogiochi, tenendo bene a mente che il modo con cui i giovani si approcciano ai giochi elettronici è importante tanto quanto il tipo di gioco di cui si apprestano a godere. Un semplice consiglio? Prendere confidenza con i giochi più apprezzati dai propri figli e, perché no, provare a giocare assieme a loro.