Non si sa bene se definirla una vera e propria crisi legata a una disputa sulla proprietà intellettuale o su quella immobiliare, sta di certo che la questione che riguarda Second Life e una class action risulta complessa e un po’ inusuale.
Tutto parte dalla decisione dei responsabili di Second Life di apportare unilateralmente delle variazioni al regolamento che gestisce la proprietà virtuale all’interno del micro-mondo del social game, fino ad arrivare a mettere in dubbio i diritti su alcune proprietà che diversi utenti avevano acquisito in precedenza pagando peraltro cifre non proprio contenute, in base a ciò che si apprende.
Le nuove norme introdotte dalla società di Philip Rosedale sembrano non riconoscere il pieno diritto sulle proprietà acquistate o create nel gioco dagli utenti, che si ritrovano quindi costretti ad accettare il nuovo status imposto dai responsabili con il rischio, questo è quanto lamentano, di perdere i diritti su dei beni virtuali precedentemente acquisiti pagando con dollari reali.
Da qui l’idea di unire le forze e far partire una class action contro Linden Lab, la società che gestisce Second Life, e contro lo stesso fondatore Philip Rosedale.
Non è la prima volta però che le carte bollate e le beghe legali, sempre in voga nel mondo reale, irrompono con decisione anche nel mondo virtuale di Second Life, facendo crollare ulteriormente il già labile confine tra virtuale e reale i cui contorni sono sempre più sfumati nella società contemporanea.