I Pink Floyd hanno denunciato la casa discografica EMI. Dietro la denuncia, però, c’è un intero processo storico ad emergere. C’è la filosofia di un gruppo che ha fatto la storia, c’è la rottura tra due modi differenti di pensare la musica, c’è lo strappo tra produzione ed artisti in relazione a soldi, diritti e rispetto di quel che nella storia era stato scritto in altri modi e altre forme.
I Pink Floyd hanno due obiezioni contro la EMI: la prima è di natura meramente economica, la seconda invece prettamente artistica. In entrambi i casi, però, lo scontro matura sulla base dell’avvento della musica online, sulle incomprensioni generate dalla stessa e probabilmente su di una eccessiva superficialità di trattamento nei confronti di una band a tutto tondo che non sembra volersi immediatamente adattare alle nuove forme imposte dalle mutazioni del mercato.
La motivazione economica è relativa ai contratti in essere tra la band e la casa discografica. Secondo il legale dei Pink Floyd, infatti, la EMI avrebbe commercializzato online i pezzi del gruppo senza tuttavia corrispondere quanto dovuto per i diritti. Trattasi di una questione spinosa che i giudici dovranno interpretare in “legalese” per capire come e se il digitale sia stato compreso nei contratti originari e nelle revisioni successive (datate, comunque, almeno 6 anni prima rispetto all’avvento della rivoluzione iTunes.
Il secondo motivo di scontro prende forma in relazione alla distribuzione “liquida” della musica. I Pink Floyd contestano alla EMI il fatto di aver autorizzato la distribuzione dei singoli, mentre gli accordi erano tali per cui gli album avrebbero dovuto rimanere un corpo a sé stante, indissolubile poiché pensati e sviluppati come un’entità complessa ed univoca. La band non nega l’utilità della musica digitale, insomma, ma si mette di traverso rispetto alla vendita dei singoli poiché considera sminuito il valore artistico dell’album nel momento stesso in cui l’album viene frammentato in singoli che, uno ad uno, non sanno esprimere il valore delle interazioni pensate per il vecchio LP.
Quest’ultima obiezione potrebbe essere anacronistica, poiché è risaputo come l’album faccia parte della rivoluzione digitale ma non ne sia certo parte fondamentale. Al tempo stesso, però, i Pink Floyd sono un caso a sè: “The Dark Side of the Moon” è un esempio lampante e peculiare dell’unicità artistica dell’album, da cui l’origine della denuncia.
Ancora una volta, però, non sarà la valutazione artistica a decidere l’orientamento del giudice: tutto è già scritto a livello di contratti (che la EMI considera riferiti esclusivamente al periodo pre-digitale), ed è a questi che la Corte dovrà far riferimento per stabilire se sia lecito o meno, da parte dell’etichetta, rendere “liquidi” alcuni degli album più venduti della storia.