Apple non riesce a imporre il proprio iAd come standard per la pubblicità mobile. E non solo il sistema – che prevede l’inclusione di spot interattivi nelle applicazioni di App Store così come su iTunes Radio – è troppo complesso, ma i clienti ne fuggirebbero spaventati. È quanto riporta Ad Age nel raccontare il giudizio sulla piattaforma Apple da parte delle aziende più quotate di Madison Avenue, ovvero i pubblicitari più importanti del mondo.
Sono i Mad Men del nuovo millennio e, con tutta probabilità, meglio di loro non vi è nessuno capace di cavalcare i nuovi trend pubblicitari, così come le nuove tecnologie. Ma quando si trovano a dover giudicare iAd e lo staff di Apple, il giudizio è praticamente unanime e tutt’altro che lusinghiero:
«Lento, arrogante e decisamente avido».
I problemi che rendono la piattaforma pubblicitaria di Apple un flop, sono in parte quelli che già ben la stampa conosce: oltre al prezzo d’entrata non propriamente abbordabile – si vocifera sul milione di dollari – la Mela non lascia alcun controllo al cliente, privato di gran parte delle decisioni sia dalla fase di concetto a quella di sviluppo dello spot interattivo. «Una pistola alla tempia», suggeriscono alcuni esperti, a cui si aggiunge il rifiuto della società di fornire dati sui successi raggiunti e sul target, lasciando così il cliente a brancolare nel buio. Un fattore, quello della segretezza delle informazioni, che porterebbe Cupertino a essere snobbata da tutti i media buyer: uno dei fattori più importanti per l’acquisto di spazi pubblicitari, infatti, sono i dati demografici su utenti e target, così come abitudini di consumo e tutte le altre informazioni che solitamente vengono tracciate in Rete. Certo, così facendo la Mela protegge tutti i suoi consumatori da inutili invasioni alla privacy, ma non invoglia gli investitori.
«Il rifiuto di Apple nel condividere i suoi dati è come la più bella ragazza a un party, costretta a indossare un sacchetto sulla testa.»
Un problema non da poco per Cupertino, nonostante sulle applicazioni sembra aver ormai rinunciato a grandi clienti iAd, perché la sua invenzione per la vendita di spazi pubblicitari è oggi il motore di iTunes Radio, streaming musicale che proprio sugli spot basa la propria esistenza. E se le carte in tavola non cambieranno, è molto probabile che gli investitori si rivolgano altrove, dove non si ritroveranno con le mani legate e il portafoglio fin troppo alleggerito.