Nel complesso ambito della trasformazione digitale, uno dei settori che più di altri ha dovuto adattarsi ai cambiamenti, rinnovando forme e funzionalità, è quello degli storage. I motivi sono tanti e tra questi il boom del cloud. Con milioni di dati prodotti quotidianamente, insieme alla necessità di avere un TCO (total cost of ownership, l’affitto o l’acquisto delle appliance) ridotto, le compagnie hanno cominciato a ripensare i propri investimenti tecnologici, puntando ad un’ottimizzazione senza lesinare sulle opportunità di crescita.
Uno switch concreto che, quando non inteso nella sua totalità, porta tanti soggetti a restare indietro sul piano della produttività, con conseguenze che tra non molto si faranno sentire, quale incapacità di affrontare in tempi rapidi picchi di produzione o cali, laddove la scalabilità diventa un vantaggio. Un rinnovamento che sta lasciando indietro le aziende incapaci di adattarsi alle evoluzioni tecnologiche, che avvengono con tempi sempre minori. Basti pensare che per IDC, ancora la maggior parte del budget IT investito dalle aziende italiane non considera integrazioni di nuova generazione: solo il 29% viene usato per disaster recovery, il 30% per progetti di big data, il 34% per il miglioramento dello staff IT, il 34% per l’aggiornamento hardware e il 40%, sotto la spinta del Gdpr, per sicurezza e implementazione di difesa informativa.
Quando si parla invece di cloud, forse il paradigma che fa da vettore alla trasformazione digitale, è nel complesso l’88% la cerchia delle organizzazioni che adottano almeno due servizi sulla nuvola, mentre scende al 9% quello dei soggetti che si spinge oltre, verso soluzioni plurime. C’è scarsezza di quanto comodo possa essere il multicloud che non si contrappone più, anzi, è un alleato degli strumenti di storage.
Lo sa bene IBM, da sempre focalizzata con un team dedicato alle infrastrutture di memoria, per aziende di qualsiasi dimensione. Dopo circa cinque anni, IBM ha aggiornato i modelli di fascia media delle appliance di archiviazione Storwize, aggiungendo i modelli V5010E e V5030E al portafoglio dei prodotti. Cosa c’entra questi con i flussi di digital transformation? Ce lo spiega Ed Walsh, General Manager, Storage, IBM:
Il 20% dei dati di una società è, in media, raggiungibile sdai internet, il resto resta invece privato. La tendenza però vede aumentare sempre di più la porzione di informazioni online, accessibili senza interruzioni spazio-temporali, dunque servono tool che mixino in maniera perfetta la duttilità dei network con la sicurezza dell’on-premise. E per noi tutto ciò si traduce in Storwize. In questa fase di transizione, detta ibrida, IBM offre soluzioni di transizione, garantendo che tutti i punti delicati siano affrontatati e superati: sicurezza, prestazioni, gestione, data recovery. Piattaforme moderne, multicloud e performanti, grazie all’impiego di Intelligenza Artificiale e API in continuo sviluppo. Questi i pilastri su cui basiamo la nostra rinnovata offerta storage.
Sebbene il mercato degli storage entry-level e midrange sia in gran parte dominato dai provider di cloud storage, la domanda di soluzioni on-premise per le aziende continua a sostenere le vendite nel settore. Per questo, IBM sta posizionando le nuove declinazioni nel mezzo delle distribuzioni multicloud, in modo particolare con Spectrum Virtualize for Public Cloud, che semplifica l’utilizzo del cloud per le strategie di disaster recovery. Secondo Sergio Patano, Associate Research Director di IDC:
Il panorama attuale vede l’88% delle aziende adottare almeno due servizi in cloud ma solo il 9% va oltre, con anche 10 soluzioni; segno che la fiducia è ancora il muro da valicare. Una delle cause risiede anche nella necessità di aggiornare gli IT Manager a un sistema di gestione multicloud anziché centralizzato.
Parlando di hardware, le principali innovazioni di Storwize V5010E e V5030E riguardano le opzioni di connessione e il numero di unità che possono essere aggiunte a un sistema, in grado di arrivare ad una configurazione 5U con 92 unità, per una capacità massima di 2,8 PB. V5010E include un connettore iSCSI da 1 GB sulla scheda madre ed esegue l’upgrade della connessione a 10 GbE. Entrambi i sistemi includono supporto opzionale per Fibre Channel da 16 GB/s, 12 GB/s SAS, 25 GB/s iSCSI (iWARP o RoCE) e 10 GB/s iSCSIe con connettività iSCSI da 10 GB/s.
Per ciò che concerne lo storage in sé, la prossima generazione di Storwize V5000 supporta dischi rigidi tradizionali da 3,5″ fino a 14 TB e a stato solido da 2,5″ con capacità di 800 GB, 1,92 TB, 3,84 TB, 7,68 TB, 15,36 TB e 30,72 TB. Rimane il supporto per le unità SAS 10K legacy, con capacità superiori a 2,4 TB. V5010E, inoltre, può gestire un massimo di 392 unità per sistema attraverso l’uso di enclosure di espansione, mentre V5030E abbraccia fino a 760 unità per sistema o 1.520 in cluster a due vie. In termini di set di funzionalità, la differenza tra i due è il supporto per la crittografia, nonché la compressione e la deduplicazione dei dati su V5030E, per la quale IBM promette “prestazioni di migliori su carichi di lavoro a livello applicativo”.