Tutto è cambiato nel giro di pochi anni. Progressivamente, a piccole spallate, tra lo scetticismo generale. Ma tutto è cambiato. Non è difficile ricordare quella internet che si ergeva su poche colonne portanti, pochi punti di riferimento fondamentali che venivano identificati in .com, .it, .net e .org. Era tutto qui: un dominio nazionale da sbandierare e tre domini generali da cui attingere per il proprio brand, la propria idea, il proprio nome o cos’altro. Vicissitudini varie hanno costretto qualcuno in tribunale, ma con il senno del poi era quello un modo facile, semplicistico, dove le diatribe erano perlopiù determinate dalla scarsità delle risorse e dunque dal valore intrinseco delle stesse. La corsa ai domini era come la corsa all’oro, e per qualcuno è stato oro colato davvero.
Ora tutto cambia. Ancora non sappiamo come, probabilmente nemmeno perchè, ma nel giro di pochi mesi la nuova spallata sarà cosa fatta. Ci troveremo con milioni di nuovi domini a disposizione, ci troveremo con una nuova porta spalancata su affari e meccanismi spesso oscuri ai più. Ci troveremo con un nuovo paradigma che dovremo imparare ad affrontare. L’ICANN ha deciso così.
Ad oggi si sa ancora poco o nulla. L’ICANN ha ufficializzato solo la decisione generale, ma il tutto deve ancora passare la determinante fase dei regolamenti attuativi che dovranno mettere ordine in quello che è il nuovo orizzonte tracciato. Secondo l’ente che governa l’istituzione e la gestione dei Top Level Domain, infatti, è passato il tempo in cui i domini debbono essere scelti dall’alto: sia il mercato a scegliere, siano gli attori del mercato a proporre, sia la base ad esprimere le proprie necessità.
L’idea, di per sé, sembra ispirarsi a regole libertarie impeccabili. Formalmente il processo non fa una grinza. Ma basta scavare appena appena sotto l’apparenza per intuire che qualcosa di veramente grosso stia accadendo, qualcosa di talmente rivoluzionario da suscitare il timore di non saperlo affrontare se non con regolamenti più che affidabili ed in grado di dipanare anticipatamente ogni minimo dubbio.
Dopo l’ufficializzazione della scelta dell’ICANN in pochi si sono espressi pubblicamente in proposito. Il tema è troppo vasto e il cambiamento è troppo repentino, il disorientamento generale è stato evidente e probabilmente faceva un po’ parte delle strategie comunicative scelte: il cambiamento fa sempre paura, meglio stupire che non accomodare. Lo scetticismo è nell’aria: è evidente che l’annuncio ha generato timori fondati che, in assenza dei regolamenti, è però incauto esporre. Bisogna però provarci, se non altro per capire cosa ci aspetta nei mesi a venire, quando dalla regola generale si dovranno discernere tutte quelle regole e codicilli su cui dovranno misurarsi i webmaster, gli esperti di marketing e gli utenti in futuro.
Per partire con i piedi ben saldi in terra ci siamo rivolti innanzitutto a chi in Italia è la figura massima in quanto a registrazione di nomi a dominio: il Registro del cctld. it. Ed anche il Registro, con tutta evidenza, ci va cauto lasciando trasparire malcelate preoccupazioni ma posizionandosi con fare attendista. Così il Registro del ccTLD.it:
«In assenza di ulteriori dettagli, il Registro del ccTLD .it l’organismo dell’Istituto di Informatica e Telematica del Cnr responsabile dell’assegnazione e della gestione dei domini Internet .it non è in grado di formulare un commento articolato su quanto deciso da Icann nel vertice di Parigi.
La “liberalizzazione” dei gTLD, i cosiddetti domini generici, appare in sé un’iniziativa di ampia portata, le cui conseguenze sul mercato nazionale e mondiale dei nomi a dominio restano ancora tutte da valutare. Al momento non sono state ufficializzate le regole e le procedure tecniche che normeranno lassegnazione dei nuovi Top Level Domain: la timeline predisposta da Icann lascia comunque tutto il tempo per valutare, ed eventualmente correggere, la portata di ogni singolo provvedimento.
Se, da una parte, l’apertura agli alfabeti non latini nei nomi a dominio rappresenta un passo in avanti per consentire a tutti gli utenti del mondo l’accesso ai contenuti di Internet nella lingua nativa, dall’altra s’impongono meccanismi di tutela dei diritti acquisiti che dovranno essere rigorosamente applicati durante la delicata fase di “sunrise” (il periodo che normalmente precede l’apertura delle registrazioni a tutti i soggetti) per scoraggiare sul nascere qualsiasi iniziativa speculativa. Dovrà, inoltre, essere ugualmente garantita la competenze tecnica e la solidità finanziaria di tutti i soggetti che ambiscono a ricoprire il ruolo di Registro Internet.
Il Registro del ccTLD .it, che partecipa costantemente con i propri delegati ai lavori di tutti gli enti internazionali regolatori di Internet, continuerà ad esercitare un ruolo attivo al fine di garantire uno sviluppo equo ed equilibrato della Rete Internet».
I grassetti sono nostri. Perchè è su questi punti, come rilevato presso il Registro, che occorre puntare il dito fin da subito.
La tutela dei diritti acquisiti sarà uno dei punti dolenti primari. Tale aspetto sembra dividersi soprattutto in due ambiti principali: la tutela dei brand da una parte la tutela dei domini pregressi dall’altra. I nuovi domini proposti, infatti, non dovranno né andare ad approcciare brand esistenti e registrati, né tantomeno andare a scimmiottare domini già esistenti (un .con o un .orc sarebbero letali sotto vari punti di vista). Ogni proposta, pertanto, dovrà ricevere adeguata pubblicità, dovrà avere un lungo periodo di “sunrise” per permettere a tutti di valutare eventuali violazioni e, nel contempo, dovrà avere una adeguata copertura legale per prevenire qualsivoglia querelle. Non solo: a prescindere da quella che è la desinenza di dominio, il nome stesso potrebbe essere goloso per qualsivoglia cybersquatter.
A semplice titolo esemplificativo: Apple dovrebbe temere domini quali iph.one, xyz.apple, os.mac, eccetera. La tutela di cotanto ben di dio potrebbe costare non poco, tanto in termini monetari quanto in impegno e risorse umane. Il che non è certo buona notizia soprattutto per tutte quelle aziende o privati che hanno mezzi limitati per poter tutelare le proprie iniziative online. Insomma, secondo alcuni sta per iniziare un «incubo» di cui l’ICANN dovrà assumersi ogni responsabilità.
Altro aspetto cruciale è nelle speculazioni iniziali derivanti dall’improvvisa apertura del mercato dei domini. Perchè se è vero che poco più di 100 mila dollari saranno sufficienti per proporre un nuovo dominio, allora è certo il fatto che i privati ne saranno tagliati fuori in massa, mentre fior di aziende mediteranno seriamente un investimento in tal senso per assicurarsi un dominio proprio e forte. Speculare su tutto ciò sarà oltremodo facile, ma sarà compito del regolamento iniziale trovare un qualche espediente per ostacolare quanti non si approcciano al nuovo sistema con fare costruttivo. La cifra dell’investimento iniziale è un buon inizio, ma non è detto che sia sufficiente.
Ultimo ma non certo per importanza: la sicurezza. Affidare un dominio nelle mani di nuovi improvvisati registrar significherà aprire a nuove entità il controllo dei top level domain. Tali gruppi potrebbero però essere particolarmente inesperti, nonché poco attrezzati, per il compito che vanno ad assumersi. Il regolamento sviluppato dall’ICANN saprà tener fuori dal sistema quei gruppi che non sapranno dimostrare adeguate doti tecniche ed esperienziali per garantire il buon funzionamento e la durata dei domini avviati? Alla luce dei recenti attacchi in grado di affondare ICANN e IANA, oltretutto, c’è da temere non poco per l’affidabilità del sistema DNS generale, il quale d’ora in poi sarà più frammentato e meno arroccato su pochi importanti punti fermi.
E fin qui le riflessioni basate sulla logica, sull’essenziale necessità di una analisi dei fatti di fronte ad un cambiamento tanto radicale. Per i benpensanti l’approfondimento finisce qui. I malpensanti, invece, possono proseguire ulteriormente: avranno pane per i loro denti.
Eh si, è tutto un magna magna. La si può anche pensare così. L’ipotesi è tutto fuorché blasfema. L’ICANN, infatti, nel tempo ha dimostrato di saper fare molto bene di conto e nel tempo ha innalzato il proprio fabbisogno in modo progressivo pur vedendo praticamente fissi i costi di gestione del sistema in incarico. L’aumento esponenziale è derivato da viaggi e iniziative varie, da una struttura sempre più pesante, da tutta una serie di appendici che potrebbero aver costretto ad una ulteriore accelerazione per sostenere un trend confermatosi anche nell’ultimo bilancio.
Per l’anno 2009 il budget necessario all’ICANN sarà di quasi 60 milioni di dollari. Nell’anno che va a concludersi il gruppo si sostiene con una cifra di poco superiore a 40 milioni. In comune i due bilanci hanno 22.2 milioni per le operazioni quotidiane, mentre per il resto è tutto un aumento. Le “iniziative chiave” passano da 13.2 a 23.1 milioni; «IDN and new gTLD» da 3.3 a 8.6 milioni; una piccola voce ulteriore sale da 2.7 a 3.3 milioni. Il budget cresce quindi da un anno all’altro passando da 41.4 a 57.2 milioni, 40% circa in soli 12 mesi.
Porsi la domanda è quantomeno lecito: l’ICANN sta agendo nell’interesse della rete o sta semplicemente foraggiando la propria struttura con azioni e decisioni fini a se stesse? Le recenti decisioni in materia di domini sono state prese in funzione di una più efficiente economia della rete o piuttosto di un più ricco bilancio per un ente sempre più strategico e centrale per il potere e le funzioni accentrate in sé? A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca…