L’ICANN, alla ricerca di legittimazione e di finanziamento sicuro, apre le porte ai governi passando (per così dire) da una gestione privata ad una pubblica. Nell’ambito di una riforma globale dell’ente di vertice della Rete, il suo Presidente Stuart Lynn, propone di sostituire i membri at large eletti dal popolo della Rete con una rappresentanza dei governi. Nel board dell’ICANN entrano gli stati ed escono i navigatori.
L’ICANN verso l’emancipazione?
L’ente americano che gestisce i nomi di dominio, per risolvere i suoi problemi finanziari e di stabilità interna si mette nella condizione del cane che si morde la coda o si accinge a compiere il grande passo verso l’emancipazione di organismo indipendente?
L’ICANN è stato incaricato nel 1998 dell’amministrazione del governo della Rete proprio per evitare le lungaggini decisionali della gestione governativa. Il monopolio dei nomi di dominio e la gestione delle relative liti sono stati trasferiti dal Ministero del Commercio USA (DoC) a quest’ente senza fini di lucro, quando la Rete era un fenomeno prevalentemente americano. Nel frattempo Internet è diventata una risorsa mondiale, internazionale, e, per sua natura, senza padrone. L’ICANN ha così cominciato a vivere sulla sua pelle la contraddizione di organismo di vertice della Rete, alle dipendenze di un’amministrazione locale, ma che detta regole valide per tutto il globo.
Gli USA mantengono ancora un potere di veto su alcune decisioni dell’ICANN e formalmente potrebbero revocare i compiti ad esso trasferiti quattro anni fa. Gli altri paesi (principalmente quelli europei), privi di ogni ascendente sull’ente di vertice della Rete, hanno cominciato a fare la parte della spina nel fianco, in una situazione che li vede a forza di cosa penalizzati. Gli Stati sotto forma delle rispettive Registration Authority, ogni tanto insorgono minacciando di chiudere i cordoni della borsa. Le autorità che gestiscono i ccTLD (country code Top Level Domain) nei vari paesi contribuiscono per un quinto al sostentamento dell’ICANN.
L’ultima barricata è stata levata a gennaio quando Nominet (la RA inglese), capeggiando gli altri Registrars ribelli, ha messo alle strette l’ICANN accusandola di non garantire la sicurezza della Rete. Il punto dolente: la gestione dei 13 root server vitali per la Rete, in mano ad un controllo volontario di cui l’ente americano non sarebbe in grado di assicurare la continuità di funzionamento. La proposta di Lynn si preannuncia sotto forma di vera e propria rivoluzione per l’attuale assetto dell’ICANN la proposta di Stuart Lynn che permetterebbe di dare il contentino agli Stati.
Ad essere snaturato sarebbe l’attuale direttivo (Board of Directors) dell’ICANN, il cuore pulsante dell’organismo di vertice della Rete che vedrebbe scendere i suoi componenti dagli attuali 18 a 15. Gli attuali cinque rappresentanti dei navigatori scomparirebbero lasciando il posto ad altrettanti emissari dei governi. Ad essere soppressi completamente sarebbero i 9 membri elettivi del Board ICANN, di cui solo cinque sono attualmente in carica dopo essere stati designati nella prima elezione avvenuta a novembre del 2000.
D’ora in poi il direttivo sarebbe così composto per un terzo dai rappresentanti dei governi. Un altro terzo sarebbe designato tra gli esperti di questioni tecniche ed altrettanti sarebbero designati dalle aziende che operano in Rete. Il Presidente dell’ICANN a sostegno della sua proposta che sarà al centro del prossimo vertice ICANN previsto ad Accra (Ghana) il 10-14 marzo, afferma che «solo i governi possono rappresentare gli interessi generali».
Anche se nelle svariate iniziative nate in Rete per contrastare la riforma Lynn, un’obiezione si fa largo e ricorre più delle altre: ma l’ICANN non era nato proprio per evitare una gestione della Rete lontana dagli appesantimenti delle burocrazie statali?