La ALS americana, l’associazione che ha raccolto milioni di dollari per la ricerca contro la SLA (nota anche come morbo di Lou Gehrig) ha presentato un’istanza per depositare il marchio “ice bucket challenge” e così evitare che questi tre termini vengano usati per altre raccolte benefiche. Una scelta discutibile che sta sollevando molte critiche: si tratta della difesa da possibili abusi o è la pretesa di controllare una dinamica spontanea nata in Rete?
La richiesta di deposito del marchio (il trademark) risale a pochi giorni fa e aggiunge un altro capitolo controverso a questa vicenda che rappresenta un caso così eccezionale (94 milioni di dollari raccolti solo negli Stati Uniti nell’ultimo mese) che saranno necessari degli studi sociologici per comprenderne appieno il significato. Se però si vuole superare la pura constatazione del «whatever works», l’idea di un burocratico marchio registrato lascia l’amaro in bocca e aggiunge perplessità ad altre perplessità già emerse in queste settimane.
#IceBucketChallenge donations exceed $94 million. Thank you for your support! http://t.co/vLkQPG2lmH
— The ALS Association (@alsassociation) August 27, 2014
Bloccare altre charities
Per l’ALS l’eventuale, ma improbabile, approvazione del trademark ALS ice bucket challenge (e c’è anche nella versione senza la specificazione del nome dell’associazione) significherebbe bloccare ogni tentativo di sfruttare il trend per altre raccolte e magari anche truffe sui social. Tuttavia è indubbiamente di cattivo gusto, come sottolineato dall’avvocato Erik Pelton, grande esperto di marchi registrati:
Credo che questa richiesta sia inappropriata per diverse ragioni. Prima di tutto, la ALS non è la vera proprietaria della frase, quindi non può essere associata in esclusiva alla raccolta fondi. È una frase generica, già utilizzata da altri per una raccolta benefica ad altri istituti. Inoltre, se la ALS Association registrasse correttamente la frase, si potrebbe cercare di limitare l’uso di questa per altre cause caritatevoli. Questa sarebbe la più grande vergogna.
Il lato oscuro della viralità
Toccherà agli avvocati e agli esperti di diritto discutere sulla validità di questa richiesta e all’ufficio che rilascia marchi e brevetti prendere una decisione, attesa tra circa due mesi. Ora è soltanto possibile giudicare l’intento e soprattutto il significato potenziale di questo intento rispetto alla straordinaria viralità a cui il mondo ha assistito e partecipato. Come se fosse un brusco risveglio, viene alla luce il lato oscuro di questo fenomeno ed è una fortuna, visto che il dibattito attorno all’Ice Bucket Challenge è spesso stato lasciato – soprattutto in Italia – alle solite fazioni pro e contro, dimenticando ad esempio di cercare informazioni sulla destinazione di questo denaro, come invece ha fatto e continua a fare Stefano Quintarelli, alimentando un thread su Twitter.
RT, pls. @aislaonlus i soldi di #IceBucketChallenge li userete per finanziare questa seria ricerca (anche italiana) ? http://t.co/XY9yNZdFBi
— Stefano Quintarelli (@quinta) August 23, 2014
La notizia di questa richiesta di marchio depositato ridà forza alle voci critiche, e intelligenti, che avevano sottolineato gli aspetti controversi di questo tipo di rincorsa narcisistica alla beneficenza verso un unico soggetto. Da leggere, in particolare, il commento di Felix Salmon su Slate, nel quale veniva spiegato un concetto che, rispetto al tema del marchio, si rivela profetico:
Donare a un ente di beneficenza su una specifica malattia è molto strano ed è un modo particolarmente inefficace di spendere i vostri soldi, soprattutto quando la donazione filantropica è una tantum. (…) Il mondo sarà migliore quando l’associazione SLA avrà un extra di 100 milioni e altri enti di beneficenza circa 50 milioni dollari di meno? (…) In termini di impatto, darli tutti alla ALS non è meglio che darli ad Harvard. (…) Ricevere per un colpo di fortuna inaspettato non dà sempre risultati positivi. Quindi forse è il momento di smettere di dare all’Associazione ALS e iniziare a dare ad alcuni altri enti di beneficenza, invece.
AGGIORNAMENTO (30 AGOSTO): LA ALS RITIRA LA RICHIESTA
The ALS Association has abandoned its effort to trademark the ice bucket challenge http://t.co/CXQzMmMDPy
— The Verge (@verge) August 30, 2014
La ALS association è tornata sui suoi passi. Sembra proprio che l’idea di depositare un marchio per Ice Bucket Challenge sia soltanto una (cattiva) idea che resterà tale e l’associazione non tenterà di controllare la frase, al di là delle sue preoccupazioni per possibili frodi. In una nota sulla sua pagina Facebook, l’Associazione SLA ha detto di capire le preoccupazioni delle persone aggiungendo che intende ritirare entrambe le richieste depositate all’inizio di questa settimana:
Abbiamo presentato la richiesta per questi marchi in buona fede, come misura per proteggere ice bucket challenge da un uso improprio. Tuttavia, comprendiamo la preoccupazione del pubblico e ritiriamo le domande. Apprezziamo la generosità e l’entusiasmo di tutti coloro che hanno partecipato alla sfida e donato per la SLA.
In una dichiarazione di ieri pubblicata sul Washington Post, l’associazione aveva spiegato di aver preso la decisione dopo aver visto molti esempi di «profittatori senza scrupoli che cercano di incrementare le entrate per sé stessi, invece che per la lotta contro la SLA». Evidentemente però gli effetti paradossali di un eventuale trademark sono stati più forti di questa preoccupazione.