Il 25% degli hacker collabora con l'FBI

Secondo una indagine del The Guardian, oggi il 25% degli hacker collabora con l'FBI, soprattutto per il timore delle possibili condanne.
Il 25% degli hacker collabora con l'FBI
Secondo una indagine del The Guardian, oggi il 25% degli hacker collabora con l'FBI, soprattutto per il timore delle possibili condanne.

Il mondo degli hacker ha subìto molti cambiamenti negli ultimi anni. Spesso mal visto dall’opinione pubblica, e considerato un nido di criminali informatici da parte di chi non ne conosce la differenza etica rispetto alla dimensione dei “cracker”, oggi il mondo hacker è conosciuto in modo più strutturato e vi è maggior consapevolezza sul loro ruolo e sul loro posizionamento nel mondo dell’innovazione. Un nuovo dato va ora a comporre ulteriormente il puzzle della loro identità: il 25% degli hacker negli Stati Uniti sarebbe un informatore dell’FBI.

È questo il dato pubblicato dal Guardian, che ha condotto la propria indagine riuscendo a scoprire risvolti particolarmente interessanti. Secondo quanto emerso, ad esempio, gli hacker sarebbero spesso suscettibili di intimidazione a causa delle pene severe a cui possono andare incontro e per la loro relativa mancanza di esperienza con la legge. Secondo Eric Corley, editore della rivista hacker 2600, per un hacker è più facile fornire di nascosto informazioni alle autorità, piuttosto che incorrere in una condanna. Una rivelazione che arriva in un periodo alquanto delicato per il mondo dell’hacking. Proprio in queste settimane Internet ha assistito al crollo del PlayStation Network, mentre Google ha dovuto fare i conti con la violazione di alcuni account Gmail appartenenti a funzionari del governo statunitense, il tutto mentre Lulzsec continua a prendere di mira i server Sony: tra iniziative hacker e forzature cracker, il momento si fa delicato creando confusione tra le categorie ed erodendo le differenze agli occhi dell’opinione pubblica.

L’FBI svolgerebbe la propria attività di ricerca su forum ed altri luoghi di discussione online, riuscendo a coinvolgerne molti attorno alle proprie attività di ricerca. Trattasi tuttavia di un report non del tutto affidabile: le stime compiute da Corley si basano infatti sul semplice assunto dell’intimidazione come possibile chiave per la collaborazione, senza riscontri ulteriori a motivare le cifre partorite.

Uno tra tutti potrebbe essere Kevin Mitnick che, dopo essere stato arrestato nel 1995, nel 2002 è diventato un consulente di sicurezza. Intervistato da CNET, lo stesso Mitnick ha consigliato di non seguire le sue orme, perchè oggi ci sono altre strade ed opportunità per avviarsi sulla strada dell’hacking. Il consiglio è: non violare la legge, non invadere la proprietà altrui, non seguire percorsi immorali. Oggi c’è maggior consapevolezza rispetto ai decenni passati ed il patrimonio di tale esperienza non può restare inascoltato.

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