La sensazione era forte da tempo e gli indizi andavano sovrapponendosi, ma è ora una ricerca dall’Osservatorio Nazionale per la Sicurezza Informatica a confermare come gran parte delle infrastrutture wireless non sia adeguatamente posto in essere con tutti i crismi richiesti per avere in uso una rete sufficientemente sicura. Spiega il comunicato Yarix, tra i gruppi promotori dell’Osservatorio: «la tecnologia wireless sta ormai dilagando complice il costo dell’hardware sempre più basso e la semplicità di installazione, però pochi tengono conto che le reti wireless se non correttamente configurate sono assai più vulnerabili del classico cavo».
La ricerca è stata portata avanti con un semplice “Wardriving” tra le strade del Veneto. Sono stati monitorati i vari spot identificati ed i risultati ottenuti sono descritti come «preoccupanti»: in totale il 68% degli “spot” trovati sono aperti o comunque facilmente accessibili. 27 a Treviso (uno dei quali di una nota banca del centro città), 12 a Belluno, 32 a Venezia, 28 a Vicenza, 26 a Verona.
Spiega Mirko Gatto dell’Osservatorio: «questa situazione è molto grave in quanto un eventuale hacker potrebbe utilizzare queste connessioni aperte per trafugare dati e mascherare la propria identità. Oppure potrebbe utilizzarli per compiere reati nei confronti di altri, utilizzando l’identità “rubata” dell’ignaro utente internet […]. Immaginiamo non solo cosa possa significare entrare liberamente nella rete di una banca, ma anche quali pericoli corrono gli ignari utenti: qualcuno potrebbe utilizzare il loro IP (la carta di identità di chi naviga su internet) per commettere reati, scambiare file illegali, commettere truffe. Qualcosa si è cercato di fare con il famoso decreto Pisanu Decreto Legge 27 luglio 2005, n.144 Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, ma questo decreto riguarda solo gli enti pubblici che forniscono connettività ai propri clienti. Tutti gli altri devono fare da soli e fare pure in fretta».